Non è la prima volta che dalle colonne del Corriere della Sera Pierluigi Battista sfida la politica a privatizzare la Rai. Questa volta nel mirino c’è Matteo Renzi e la provocazione è più articolata. “Dica no alla Rai lottizzata”: è scritto nel titolo. “Sarebbe una bella cosa, una svolta radicale, il segnale di un cambiamento vero, se Renzi, mentre si celebrano i 60 anni della televisione italiana decidesse di non fare niente alla Rai, di non lottizzare la Rai come fanno tutti, di non farne pascolo dei partiti come è sempre accaduto”.
Ora si dà il caso che se a Renzi venisse in mente di lottizzare la Rai dovrebbe smentire tutta la politica che il Pd ha fatto negli anni della segreteria Bersani. Ed è curioso che Battista non se ne sia accorto. Ho fatto il presidente del Forum del Pd per la riforma del sistema radiotelevisivo per tre anni. Avevo accettato quel incarico perché lo stesso Bersani mi aveva detto: fai quello che hai scritto. In “Rai addio, memorie di un ex consigliere” avevo raccontato la mia esperienza nel cda dell’azienda di viale Mazzini e avevo sostenuto con forza la necessità di staccare la spina della partitocrazia dal servizio pubblico. Ebbene dopo pochi mesi (siamo nel 2010) Bersani presenta alla Camera come primo firmatario proprio un disegno di legge di riforma della governance della Rai. E quando tocca al governo Monti nominare il nuovo cda, Bersani chiaramente avverte il premier: se non cambiano le regole, il Pd non intende fare alcun nome per il consiglio di amministrazione. Bersani è certo quanto me della necessità di una svolta forte e coraggiosa. E nella prefazione a un libretto che raccoglie gli interventi fatti in due seminari organizzati dal Forum che presiedevo scrive: “Siamo convinti più che mai che questa azienda, con un ruolo così delicato per la qualità stessa della nostra democrazia, abbia bisogno di una politica pulita e alta, che non cerchi di mettere le mani su poltrone, reti e telegiornali ma che avverta con piena consapevolezza la gravità del momento e del bisogno di una rifondazione del servizio pubblico”.
Ma come sanno anche i bambini il governo Monti si reggeva anche grazie a Berlusconi. Guai a toccargli la legge Gasparri! Monti cede e Bersani si vede costretto – per non prendersi la responsabilità di lasciare la Rai alla deriva, senza una guida – ad accettare che i membri del Pd della Vigilanza votino Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, nomi indicati da associazioni private. La responsabilità di indicare il direttore generale e il presidente è tutta di Mario Monti. E Monti ottiene comunque un piccolo importante risultato – a questo Berlusconi non può dirgli di no: il cda di nomina partitica non ha più praticamente voce in capitolo nelle nomine dei dirigenti che guidano l’organizzazione interna. Continua, invece, a pesare nelle scelte editoriali, quelle dei direttori di rete e dei telegiornali, a cui Berlusconi è più sensibile. Rispetto all’idea di avere un vero amministratore delegato con ampi poteri, di fare della Rai una vera azienda, si tratta davvero di un piccolo modesto compromesso. E tuttavia è stato un passo avanti rispetto ai precedenti cda. E se oggi si può ancora parlare di lottizzazione, nel mirino non è onesto mettere il Pd (Colombo e Tobagi potrebbero testimoniare di non aver mai – e ripeto mai – ricevuto pressioni di sorta dalla segreteria Pd), bensì bisognerebbe prendersela con il Pdl, con la Lega. E soprattutto bisognerebbe semmai chiamare in causa il dg e il presidente.
Quando poi Battista scrive di “cominciare a privatizzare la Rai” non capisco bene di che parli. Che cosa vuol dire “cominciare”? Nel progetto rilanciato dai Forum del Pd si parla di un modello inglese, di una Rai stile Bbc e di una Rai stile Channel 4. Si parla di separare la rete dai contenuti. Si parla di ridefinire il ruolo delle sedi regionali. Si parla di un nuovo sistema dell’informazione, che tenga conto della rivoluzione digitale in corso. Si parla di chiudere la Vigilanza e sostituirla con una commissione Media che tenga conto dei problemi di tutto il sistema, nati e cresciuti con Internet. Tutti argomenti che il Pd ha già lanciato e in parte approfondito, anche in vista del rinnovo della Convenzione con lo Stato che scade nel 2016.
Ben venga la provocazione di Battista se non è una coazione a ripetere vecchie idee ma uno stimolo non solo a Renzi ma soprattutto al governo di mettere la questione Rai nell’agenda dei prossimi mesi. Il Pd la sua parte l’ha fatta e sono sicuro che continuerà a farla. Forse anche chi scrive di Rai potrebbe cominciare a distinguere fra chi ha lottizzato in passato (e il Pci-Pds-Ds ha le sue responsabilità), chi continua a lottizzare (Berlusconi in primis) e chi si è chiamato fuori dalle prassi più vergognose (il Pd prima di tutti).