Ma vi ricordate che, in un frangente, la Lega è stata moderata? Fu quando, per una contro-magia di stampo giudiziario, il Cerchio Magico di Bossi iniziò a palesare qualche trucchetto contabile, fra spese accademiche del Trota e investimenti africani del diversamente padano Belsito. Davanti al rischio che il partito della secessione subisse la secessione degli elettori, Maroni, tutto d’un tratto, assunse – appunto – tratti moderati. Certo, l’impresa di pulizia che mise su impiegò, come si confaceva a quella forza ruvidamente popolare, strumenti igienici spicci: un rotear di ramazze (di lì a poco riposte in cantina) accompagnò l’entrata in scena di Bobo il moralizzatore. Che però esibiva un nuovo look, post-mistico, ossia affrancato dal culto del Dio Po, e neo-compassato, ossia depurato da furori xenofobo-forcaioli in favore di posture misurate. Maroni in tv si conteneva, si limitava, si equilibrava, nelle espressioni e nell’espressione. Scalciava Formigoni per candidarsi al suo posto, ma moderatamente, riuscendo a scalare il Pirellone proprio in virtù della sua nuova, celebrata virtù di leader moderato di un partito territoriale sì, ma moderato. Neutralizzato Bossi, sedato Borghezio, i Maroni boys si mostravano docili: persino Salvini, in quei giorni, faceva il cucciolone. Ora invece Matteo si è insediato segretario in una bolgia torinese, al coro di “Italia vaffanculo!”, scagliando avvertimenti ai giornalisti, bollando l’euro come un crimine contro l’umanità e ringhiando alla ministra Kyenge di tornare in Congo, fra la ola dei razzisti lumbard da web e di Borghezio. Il rischio dell’estinzione del Carroccio lo ha indotto a cavalcare la crisi con la bava alla bocca, sgomitando affannato fra forconi e “vaffa”. E Maroni? Non pervenuto. Ma certo non più moderato.
* da l’Unità 06/01/2014
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