di Davide Pecorelli
Canelli, provincia di Asti, terra di vigne nelle quali si raccoglie l’uva che si trasforma in barbera e moscato, ha visto negli ultimi anni un incremento, fino a diventare un prassi, delle assunzioni di braccianti macedoni e bulgari per la vendemmia. All’inizio di dicembre del 2013, un articolo dell’Espresso intitolato “La vendemmia della vergogna” ha denunciato, a livello nazionale, la presenza di caporalato nell’impiego di tali braccianti e ha mostrato delle immagini dell’accampamento che alcuni di loro hanno creato a cielo aperto nella cittadina. Dopo aver intervistato Alberto Mossino, dell’associazione Piam Onlus di Asti, che ha seguito la situazione da vicino, denunciando un impiego di manodopera da parte delle aziende vinicole tramite un caporalato legalizzato sotto forma di cooperative e la pessima condizione abitativa nella quale vertevano alcuni dei macedoni e bulgari recatasi a Canelli per la raccolta dell’uva, abbiamo voluto approfondire la conoscenza sulla situazione parlando con Marco Gabusi, il sindaco della città.
Gabusi ci ha raccontato che Canelli ha una grossa comunità macedone e bulgara di circa un migliaio di persone che da anni vivono in modo stanziale nella città, questo avrebbe permesso l’inizio di impiego di connazionali in cerca di un’occupazione di breve durata per la raccolta dell’uva. Una settimana prima dell’inizio della vendemmia arrivano a Canelli molti pullman di macedoni che vengono ospitati da parenti e amici durante il periodo di raccolta, alcuni (circa un centinaio) non avendo tale possibilità, si sono arrangiati costruendo un accampamento nella cittadina. Per la vendemmia passata l’accampamento è sorto a ridosso del fiume Belbo, per quella del 2013 invece in un piazzale cittadino. Questo avrebbe creato probelemi di convivenza con la cittadinanza canellese che si è lamentata della sporcizia e ha manifestato timore per la presenza di tali stranieri che, a dire del sindaco, non sarebbero riusciti a essere impiegati in nessuna azienda tramite le cooperative.
Sarebbe proprio su tali braccianti che si è generato un fenomeno di caporalato , non essendo impiegati in modo convenzionale infatti, essi vengono presi e portati dai caporali non solo a Canelli, ma anche nelle zone circostanti, per alcune giornate lavorative . Ma questo implica che sono costretti ad accettare salari bassissimi se confrontati con lo sforzo e l’orario di lavoro perchè non possono che accontentarsi. L’accampamento creatosi è stato spostato, per le lamentele, in una zona industriale più isolata e sono stati forniti dall’amministrazione, una doccia e due wc chimici. Ma esisterebbe anche un altro tipo di caporalato, le aziende infatti, assumono i braccianti stranieri tramite delle cooperative che sono in parte miste italo-macedoni, in parte macedoni e in parte italiane, che si occupano di gestire contratti, orari e paghe dei braccianti per conto dei proprietari terrieri, i proprietari pagano il lavoro della cooperativa che però,non essendo un’agenzia interinale, non potrebbe fare dell’intermediazione. Le paghe dei braccianti si aggirerebbero sui 5 euro l’ora e gli orari di lavoro non sarebbero sempre rispettati. Questo tipo di modalità di assunzione sembrerebbe diffuso e difficilmente scardinabile nella zona del canellese, il sindaco afferma che i controlli della finanza e della polizia, per quest’anno di vendemmia, avrebbero però trovato solo 5-6 cooperative non in regola sulle 250 ispezionate. L’amministrazione ha predisposto per l’anno passato un’agevolazione per le aziende che avrebbero assunto cittadini canellesi in difficoltà lavorative, sarebbero così stati impiegati per la raccolta dell’uva 25 cittadini con un contributoper le aziende di 160 euro per ogni assunto. Il sindaco si è dichiarato preoccupato per gli anni a seguire, se infatti dovessero essere sempre più le persone che si recano a Canelli senza sicurezza d’impiego, sarebbe agevolata una loro assunzione tramite caporalato e si creerebbero condizioni abitative peggiori degli anni passati. E’ auspicale, ad avviso del primo cittadino, uno sforzo ancor più concertato tra prefettura, amministrazione comunalee forze dell’ordine per gestire l’arrivo e l’assunzione dei braccianti stranieri. Certo è che la situazione merita del monitoraggio e dell’impegno affinchè anche le forme di caporalto più sottili e semi legalizzate vengano sostituite con assunzioni regolari e dignitose. Le aziende della zona producono prodotti di altissimo valore economico e enogastronomico ma diventerà difficile trovare gustoso e pregiato lo sfruttamento.