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Bologna: scrivono il vero, giornalisti condannati

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di Voltapagina

Tre giornalisti bolognesi, Gilberto Dondi del Resto del Carlino, Paola Cascella di Repubblica e Gianluca Rotondi del Corriere di Bologna, sono stati condannati a una ammenda di 129 euro ciascuno per il reato di “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento giudiziario coperto da segreto” (articolo 684 del codice penale).
La loro colpa è di aver dato la notizia del coinvolgimento in una inchiesta giudiziaria di Giovanni Errani, fratello del governatore dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, accusato per aver ottenuto in modo illecito un finanziamento di un milione di euro dalla Regione per la cooperativa Terremerse, che presiedeva.
La notizia era vera, ma secondo i magistrati della Procura di Bologna e del tribunale non andava data, perchè Giovanni Errani non ne era ancora a conoscenza della sua iscrizione nel registro degli indagati.
Il presidente della coop Terremerse è poi stato rinviato a giudizio per truffa (il processo ci sarà a marzo prossimo), mentre il governatore, a sua volta indagato per falso ideologico, è stato assolto per non aver commesso il fatto.

L’Ordine: “Condanne senza senso”.
“Tre condanne senza senso” per l’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna. Una decisione che “lascia letteralmente sconcertati per i tempi, i contenuti e la logica”, incomprensibile “per i lettori come per gli addetti ai lavori”. In una nota, l’Ordine evidenzia che “i fatti risalgono a quasi tre anni fa, ma la dura punizione arriva solo ora quando già la vicenda è stata raccontata in lungo e in largo”.
“I giornalisti condannati – continua la nota – non si sono certo inventati la notizia dell’apertura delle indagini su Errani per la vicenda Terremerse. È certo che qualcuno gliell’ha rivelata. Ci auguriamo dunque che la Procura, così solerte nel perseguire i giornalisti per aver svolto bene il loro mestiere, lo sia stata altrettanto nel ricercare la fonte che ha indotto la fuga di notizie. Tre anni di tempo dovrebbero essere stati più che sufficienti”.
In ogni caso, prosegue l’Ordine dei giornalisti, “l’attribuzione del reato di pubblicazione arbitraria non è giustificata di fronte al diritto-dovere del giornalista, una volta che ne sia entrato in possesso, di informare i propri lettori su una notizia che aveva un indiscutibile carattere di interesse pubblico. Senza fare distinzione tra il potente di turno e il povero cristo. Non risulta che il presidente della Regione si sia lamentato per l’uscita della notizia, la magistratura sì, seppure con i suoi tempi: tre anni”. “Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna – conclude la nota – è solidale con i colleghi ingiustamente condannati da un provvedimento che ha ben pochi precedenti e sarà sempre al fianco dei giornalisti nelle battaglie per la libertà di stampa”.

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