Imperatore e imperatrice, re e regina e a seguire tutte le nobili desinenze femminili “essa” (tolto per il marchesato che fa marchesa) sono sempre stati d’ordinaria amministrazione perché compatibili con certe forme istituzionali di governo. Poi ci fu però lo statunitense “first lady” coniato nel 1849 dal presidente Madison. Di recente è stato aggiunto perfino il “second lady” riservato alla moglie del vicepresidente(!). Con Kennedy il “first lady” entrò nell’uso comune anche in Italia e con Berlusconi (complice il prendere per mano -che faceva tanto Bush- la Veronica allora consorte) noi l’adottammo a tutti gli effetti. Possedendo noi anche un presidente della repubblica si decise che a sua moglie il “signora” seguito dal nome di battesimo poteva andare bene, eccezion fatta per i puristi che proseguono con il “donna” medievalistico. Si rileva però che nonostante il sindaco sia chiamato da sempre “primo cittadino”, il coniuge mai è stato nomato “prima cittadina”. Con l’arrivo di Carlà Brunì coniugata Sarkozy anche da noi sfondò il “première dame”. Per tutto ciò che concerne i mariti delle signore donne primi ministri/cancellieri/presidenti/capi di stato ecc. il “first gentleman” non è ancora globalmente pervenuto. In tutto quanto sopra d’istituzionale c’è nulla.
E veniamo a Hollande (peraltro mai contraente di matrimonio o di PACS pacte civil de solidarité et du concubinage) che oltre a essere presidente è, come tutti i suoi predecessori, imperatori e re compresi, coprincipe di Andorra nonché canonico onorario della Cattedrale San Giovanni in Laterano (e a nessuno è venuto mai in mente di definire la compagna pro tempore del presidente francese, coprincipessa o canonica onoraria). A seguito del suo presunto legame sentimentale non risultano a suo carico indagini, imputazioni, condanne per reato La questione morale politico/istituzionale pertanto non è pertinente, può se del caso esserlo la questione…umorale. Eliminando dal vocabolario new generation “prime donne, first lady e premiére dame” capiremmo meglio la differenza senza bisogno d’inventarci qualcosa.