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Rai: Usigrai, “attacco Gabanelli a sedi regionali è disinformazione pura”

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L’attacco alle sedi regionali della Rai sferrato da Milena Gabanelli dalle colonne del Corriere della Sera è disinformazione pura: dati errati e una scarsa conoscenza dell’azienda per la quale lavora da anni.Una operazione del genere fatta in una fase cruciale del rinnovo del Contratto di Servizio e del dibattito sul Concessione di Servizio Pubblico del 2016 rischia di dare un grande aiuto ai detrattori della Rai.Prima di fornire alcuni dati, non posso che esprimere sconcerto per l’opinione che Gabanelli ha delle colleghe e colleghi che lavorano nelle redazioni regionali: nella Tgr non abbiamo 700 reggimicrofono o esperti di sagre, ma straordinari professionisti che ogni giorno garantiscono l’informazione di Servizio Pubblico per e dal territorio.

Passiamo ai dati.
Le sedi regionali non sono 25, ma 21: una per ogni regione, più Trento e Bolzano. Le redazioni invece sono 24, perchè si aggiungono quelle di minoranza linguistica: bolzano tedesca, bolzano ladina e trieste slovena.
Le redazioni regionali non producono solo 3 tg al giorno, ma 3 telegiornali, 2 giornali radio, gli appuntamenti quotidiani della mattina Buongiorno Regione e Buongiorno Italia, un tg scientifico quotidiano, un settimanale, diverse rubriche quotidiane e settimanali a trasmissione nazionale, cui vanno aggiunti tutti i servizi che ogni giorno vengono prodotti per i tg nazionali. Solo per fare alcuni numeri: da Milano, Torino e Napoli arrivano oltre 12mila pezzi all’anno. In sintesi, la TgR produce 8500 ore tv e 6200 radiofoniche.
Sul tg della sera (la cosiddetta terza edizione) ricordiamo che – nonostante l’assenza di un orario fisso – garantisce alla rete sempre un leggere aumento di ascolto.
E’ falso che Firenze e Palermo siano centri di produzione. Come è falso che non producano nulla. A Firenze si produce Bellitalia, rubrica nazionale dedicata ai beni culturali. A Palermo si produce Mediterraneo, rubrica di attualità internazionale realizzata con France 3, in collaborazione con Entv Algeria e trasmessa da 8 emittenti europee e in lingua araba.
Che alcuni immobili poi siano sovradimensionati lo abbiamo denunciato noi per primi, proponendo alla Rai una valutazione congiunta, convinti che in alcuni casi si possano trovare soluzioni più adeguate e con il ricavo investire in innovazione tecnologica.
Insomma, con un condensato di luoghi comuni, Gabanelli si iscrive di diritto nel partito – a dire il vero molto trasversale – di quanti pensano che il problema della Rai sia come ridimensionarla.
E infatti, rivolgendosi al governo e ai partiti attraverso l’autorevole tribuna del Corriere della Sera (grazie a un contratto Rai che non le impone l’esclusiva), Gabanelli si inserisce nella scia qualunquista per chiedere una sforbiciata alla Rai e non invece ciò che realmente serve alla nosta azienda di Servizio Pubblico. Innanzitutto una legge di nomina dei vertici che garantisca autonomia e indipendenza dai partiti e dai governi. Una riforma del canone che assicuri certezza di risorse alla Rai e permetta ai cittadini di pagarla tutti, pagare meno, e in maniera progressiva sul reddito: invece la giornalista neanche una parola ha scritto sull’evasione di 550 milioni di euro all’anno. Poi una legge sui conflitti di interesse. Come quello che permette di essere in Commissione parlamentare di Vigilanza al proprietario di una tv privata locale che da imprenditore e da senatore chiede che la Concessione di Servizio Pubblico venga affidata ad azienda come la sua. Eppure è un tema che Gabanelli ben conosce visto che è stato oggetto di una intervista che la sua redazione mi ha chiesto ormai mesi fa, anche se ancora non ha avuto occasione di mandare in onda.
Insomma, stimo fortemente Milena Gabanelli come professionista e leader di una squadra che assicura inchieste che danno lustro alla Rai. Proprio la sua autorevolezza e credibilità, dovrebbe indurla a informarsi con più attenzione prima di esprimere giudizi sul lavoro di centinaia di colleghe e colleghi e proporre soluzioni che rischiano di fare il gioco di chi vuole ridimensionare la Rai e quindi l’informazione di Servizio Pubblico.


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