Questo docu-film, “I ragazzi di Pippo Fava”, (in onda su Rai3, domenica 5 gennaio, in prima serata prodotto da Cyrano New Media, ndr) racconta un pezzo della mia vita, la mia esperienza giovanile di cronista che ha imparato a raccontare il mondo in una tranquilla città di mafia come era Catania negli anni Ottanta dello scorso secolo.
Quella era una città che negava l’evidenza del suo degrado civile, politico, economico. Catania, trent’anni fa, era una straordinaria “metafora” del degrado italiano e noi l’abbiamo raccontata da cronisti scoprendola e facendola scoprire ai nostri lettori. Facendo semplicemente il nostro mestiere.
Quello che facevamo con Fava, il mensile “I Siciliani”, era un giornale utile, perché in solitudine faceva il suo dovere: dava notizie. E in una città di mafia e per questo a basso tasso di democrazia, raccontava senza omissioni, badando ai fatti, nudi e crudi. Il paradosso era che “facevamo notizie” uscendo una volta al mese. Perché, il “contesto” giornalistico siciliano dell’epoca – con l’eccezione de l’Ora di Palermo – per 29 giorni al mese taceva, non raccontava, girava le spalle ai fatti.
La vicenda che il docu-film ricostruisce è la storia del mio attimo fuggente e quello degli altri miei coetanei che lo vissero con me. Eravamo un gruppetto di ragazzi ventenni e ci capitò la fortuna di incontrare sulla nostra strada un bravo maestro, un uomo che senza retorica ci fornì gli strumenti di un mestiere bello, se lo fai liberamente. “Non c’è giornalismo, senza libertà”, ci diceva Fava. Ecco, un modello non retorico di vivere.
Questo racconta il nostro film. E questa vicenda parla anche ai ragazzi di oggi: a venti anni cosa può volere un ragazzo se non diventare adulto facendo liberamente la sua vita? Cosa può sperare di più se non di avere una guida credibile che ti dà l’occasione di essere te stesso e di imparare bene quel che hai scelto di fare? Il film che vedrete parla di questo e così parla a tutti i ragazzi che, anche nel 2013, vanno in cerca di parole libere. E, se ne hanno l’occasione, per questo sono disposti a scommettersi e a crederci.
La cosa bella, durante la lavorazione di questa fiction, è stato il clima sul set, come se la redazione rivivesse: ho scritto la sceneggiatura con Gualtiero Peirce, un collega di valore e di straordinaria sensibilità, regista, tecnici, operatori, tutti hanno condiviso lo spirito di quel giornale e di quella storia. Leo Gullotta e Alessandra Costanzo hanno dato parole e gesti a mie ossessioni ed emozioni del tempo. Gli attori, tutti giovani e siciliani, hanno dato volto e sorriso a quelle passioni e le hanno fatte vivere. Passioni senza tempo e utili ancora oggi.
Perché è vero anche nel 2013 che “non c’è giornalismo senza libertà”.