Un’alleanza formata da 20 media liberi siriani ed oltre 50 ONG internazionali ha lanciato il 2 dicembre la campagna “Free Press for Syria“. Un appello ed una petizione online rivolti alla società siriana, alle istituzioni ed all’opinione pubblica internazionale per una forte presa di posizione contro le violazioni e gli abusi di cui sono oggetto i giornalisti siriani e stranieri che lavorano nel Paese. Una inziativa senza precedenti per l’ampiezza della coalizione che la sostiene e per il coraggio dimostrato dai giornalisti ed operatori dei media in loco che con la loro adesione entrano ancora più nel mirino della repressione di regime e di quella delle milizie jihadiste, principali destinatarie della petizione.
Fare informazione in Siria è talmente pericoloso che il rapporto dedicato da Reporter Sans Frontiéres alla Siria pubblicato il 6 novembre si intitola “Giornalismo in Siria: missione impossibile?“. I numeri del rapporto sono impressionanti, anche se sicuramente al di sotto di quelli effettivi: 110 operatori dei media uccisi dall’inizio della rivoluzione, 60 attualmente detenuti.Il primo ed il quindici ottobre Radio Ana ha subito attacchi ai suoi uffici proprio a Al Raqqa da parte di ISIS. Nei due attacchi ISIS ha prima rapito il direttore dell’ufficio locale di Radio Ana, poi ne ha sequestrato tutte le apparecchiature. Radio Ana era colpevole di criticare le angherie di ISIS ed il regime di terrore che stava instaurando a Raqqa. Alla denuncia da parte dello staff di Radio Ana è corrisposto il diffondersi sui siti web degli integralisti islamici dell’accusa al co-direttore di Ana, Rami Jarrah, di essere un agente dell’ occidente infiltrato in Siria. Curiosamente, l’accusa è speculare a quelle del regime, che addita i media indipendenti come agenti delle forze imperialiste infiltratisi per destabilizzare il Paese.
In aumento sopratutto le aggressioni da parte delle milizie dello “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” (comunemente abbreviato con l’acronimo inglese “ISIS“”), tanto che il media center legato al comitato di coordinamento locale di Al Raqqa, la prima grande città ad essersi liberata dalla dittatura di Asad, il 4 novembre ha diramato un comunicato di denuncia della situazione .Episodi come quelli di Radio Ana non sono rari, per restare a Raqqa possiamo citare il caso di Mahmoud Shia’be, sequestrato e torturato per aver criticato ISIS. Se ci spostiamo ad Aleppo invece è significativo il caso di Abdul Wahab Malla, un media-attivista siriano conosciuto come “Abu Stef”, autore di tanti video satirici in cui critica ferocemente sia l’opposizione siriana che il regime e le milizie islamiste. Pochi giorni prima di essere rapito, Abu Stef ha pubblicato un video in cui riprende la tradizione dei “hakawati”, cantastorie diffusi nei paesi levantini fin dal tempo degli ottomani, e parla del rapimento di giornalisti ed attivisti ad opera degli islamisti. Le sue parole sono risultate profetiche. Malla stava lavorando insieme alla Associazione dei Giornalisti Siriani ad un codice di autoregolamentazione basato sugli standard deontologici internazionali, nella speranza di arrivare ad un tacito accordo che potesse diminuire il numero di aggressioni e rapimenti.