ROMA – Paghe misere. Legge sull’equo compenso sul binario morto. Giornalisti che si tolgono la vita. Centinaia di querele temerarie. Migliaia di giornalisti minacciati. Riforma della diffamazione che non affronta i problemi. Politica disattenta sui problemi dell’informazione. Questi i temi principali su cui il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, ha richiamato l’attenzione del presidente del Consiglio, Enrico Letta, all’inizio della conferenza stampa di fine anno.
Il premier ha dichiarato di condividere la preoccupazione espressa, ha affermato che il lavoro dei giornalisti merita rispetto e che la libertà di stampa è un valore fondamentale per la democrazia e ha promesso risposte concrete con l’azione di governo. Nel corso della conferenza stampa, Letta ha annunciato che alla prossima seduta del consiglio dei ministri proporrà di prorogare la norma in scadenza che vieta gli incroci proprietari fra giornali ed emittenti televisive. “Questa norma è ancora necessaria nel sistema italiano per tutelare il pluralismo fortemente incrinato dai conflitti di interesse”, ha commentato con soddisfazione il segretario della FNSI, Franco Siddi.
Di seguito l’intervento di Enzo Iacopino:
“A nome degli altri rappresentanti della categoria – ha detto Iacopino a Letta – la ringrazio per le recenti parole a difesa dei giornalisti. So che sono state parole sincere, non strumentali. Ma con la stessa franchezza le dico che si ha la sensazione netta che la politica si occupi solo episodicamente dei problemi dell’informazione, come se fosse una questione qualsiasi. Eppure senza un’informazione libera e pluralista non c’è democrazia. Su queste cose non è più possibile perdere tempo”.
“Nel nostro paese decine di migliaia di giornalisti sopravvivono con paghe di pochi euro, sfruttati da editori che si lamentano per la crisi, che indubbiamente c’è, ma intanto moltiplicano i loro guadagni in altre attività economiche proprio grazie al controllo dei mezzi di informazione”.
“Non è tollerabile che una legge dello Stato, quella sull’equo compenso dei giornalisti, nonostante gli sforzi del sottosegretario all’editoria, sia ancora lettera morta un anno dopo l’approvazione in Parlamento grazie a complicità diffuse con editori che pensano solo ai loro interessi”.
“Non c’è libertà quando si ha una pistola puntata alla nuca: questo è l’effetto di molte querele e cause civili intentate contro i giornalisti. Non chiediamo impunità. La legge sulla diffamazione approvata in prima lettura alla Camera dei deputati ha abolito il carcere, ma non tutela i giornalisti. Semmai tutela i direttori, ma bisogna difendere anche l’ultimo dei giornalisti. Ad esempio, Ester Castano che ha svolto un’inchiesta ed è stata querelata dal sindaco di Sedriano (Milano), che attualmente è sotto processo per i presunti rapporti con un boss criminale. Quel comune è stato sciolto per infiltrazioni della ‘ndrangheta. Ester alla fine è stata assolta. Pochi gironi fa, perché il fatto non sussiste. Ma lei, che guadagna da tre a dieci euro ad articolo, ha vissuto per mesi e mesi in quell’incubo”.
“È accaduto a Ester Castano come ad altri mille. Nel 2013 sono 360, mi dice l’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione, i giornalisti che sono stati in vario modo minacciati, e in questo numero non sono conteggiati tutti gli altri che non rivelano le intimidazioni o perché si sentono forti o perché hanno paura per sé stessi e per i loro familiari.
“Non si vive, senza dignità. Si muore un po’ ogni giorno. E arriva, devastante, l’ultimo giorno. Luca dello Iacovo di 32 anni, il 19 dicembre scorso si è tolto la vita non riuscendo a reggere una condizione di precarietà. Dicono tutti, ora, che era bravissimo. Ma perché allora non ha avuto l’opportunità di realizzare il suo sogno di avere un lavoro? Prima di lui, il 15 marzo di quest’anno, a Cosenza, si è ucciso Alessandro Bozzo. Aveva 40 anni. Ha lasciato una figlia di quattro anni. Noi vogliamo essere rispettati da vivi. Non ci basta essere ricordati da morti con l’affetto di chi ci conosce e ci apprezza o con parole di circostanza. Se ci saranno processi (per chiarire responsabilità su questi fatti, ndr) l’Ordine dei Giornalisti ci sarà: si costituirà parte civile, come ha già deciso di fare nel processo a carico di coloro che sono accusati di aver progettato l’assassinio di Giovanni Tizian, che vive sotto scorta per aver denunciato le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Non avremo esitazioni, su queste cose. Sappiamo da quale parte stare”.
“Dico con profonda tristezza che molti dimostrano di non capire quando attaccano i giornalisti ragionando ‘per mucchi’ o denunciando torti veri o presunti con metodi che non possono essere accettati”.