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“I panni sporchi della sinistra”. Dal libro di Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara un prezioso contributo storico

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Il coraggio di dire la verità è una virtù che appartiene a poche persone, chi dimostra con fermezza la propria posizione è sinceramente mosso da un principio di giustizia sociale, un atto di lealtà nei confronti della collettività. Indagare, scavare nei grandi tabù della sinistra italiana, per poi denunciare le tante, troppe, ambiguità e connivenze del Pd è quanto si legge in “I panni sporchi della sinistra. I segreti di Napolitano e gli affari del Pd” scritto dai giornalisti Stefano Santachiara e Ferruccio Pinotti. Il saggio edito da Chiarelettere per la collana “Principio Attivo” è il frutto di un lavoro durato due anni durante i quali i due autori hanno raccolto testimonianze, recuperato documenti alcuni inediti e altri storici e analizzato una serie di inchieste giudiziarie che gli hanno consentito di raccontare la mutazione antropologica della sinistra moderna.

Quattrocento pagine in cui si susseguono vicende note, altre meno, in grado di far riemergere gli scandali, le magagne, le contraddizioni del potere democratico che ha favorito il precariato, ha appoggiato guerre alla Nato, ha finanziato le scuole private anziché focalizzare l’attenzione sull’istruzione pubblica, ha gestito opacamente i contributi dei partiti, ha intessuto un legame a doppio filo con le banche, ha dimostrato scarso interesse riguardo i temi dell’antimafia. In Calabria, infatti, durante le ultime elezioni sono state escluse sindache che si sono particolarmente distinte nella lotta alla criminalità organizzata come Caterina Girasole, Elisabetta Tripodi e Maria Carmela Lanzetta. Ma fuori dall’agenda politica del centrosinistra è rimasto non solo l’impegno in nome della legalità, ma anche l’attenzione per le pari opportunità, l’uguaglianza sul lavoro e la meritocrazia.

Nei vari capitoli che compongono le tre parti del libro, Santachiara e Pinotti si soffermano con piglio certosino sui vari protagonisti del Pd. Un’ampia, approfondita e importante biografia su Giorgio Napolitano, figura centrale nella storia della sinistra italiana, caratterizza le prime pagine dove si palesano i rapporti dell’attuale Presidente della Repubblica con Silvio Berlusconi, la massoneria, la Cia e i poteri atlantici. Napolitano nelle sue varie vesti istituzionali ha consentito al potere berlusconiano di perpetrarsi favorendo il passaggio di alcune leggi che avrebbero meritato una sorte ben diversa. Dalla lettura del testo si percepisce come i rapporti fra Napolitano e il Cavaliere vadano oltre la simpatia personale pertanto risulta incomprensibile tale vicinanza considerata la differente storia intellettuale e professionale oltre che un diverso credo politico.

L’osservazione del Pd prosegue attraverso la conoscenza più dettagliata di altri personaggi come Pier Luigi Bersani, Matteo Renzi, l’enfant prodige della politica toscana; Walter Veltroni, vincente nel mondo della comunicazione ma destinato ad avere un ruolo di eterno secondo nella politica; Massimo D’Alema che ha avuto l’illusione di poter reggere le redini della storia; Nichi Vendola, il fenomeno politico mediatico del nuovo millennio e ancora Luciano Violante raffigurato come una volpe nelle vignette di Forattini.

Il libro risulta essere un prezioso contributo storico in grado di fare luce sulle ombre che rivestono un partito che non è più strumento di comunicazione tra il popolo degli elettori e le istituzioni. L’onestà e la giustizia sociale sembrano non essere i punti cardine di un sistema politico che ha perso di vista la questione morale di cui parlava Enrico Berlinguer nel 1981: “La questione morale è fondamentale perché i partiti diano prova di sapersi rinnovare. Costituisce un punto centrale, mette fine alla commistione tra funzioni di partito e funzioni statali perché questo è il male da cui sono sorti tutti i fenomeni degenerativi nella vita politica”. Un monito che nonostante sia trascorso più di un trentennio, risulta essere ancora tragicamente attuale.


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