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Francesco illumina le “periferie del mondo”. Gran parte dell’informazione porge il microfono solo “a quelli che contano”

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“L’effetto Francesco risveglia le parrocchie francesi” titola “Le Monde” alla vigilia di Natale. Il quotidiano non si nasconde che tra i banchi i vuoti restano ampi ma osserva – da cronista tanto laico quanto scrupoloso – che si respira un’aria nuova. Che – come spiega uno dei preti intervistati – “anche i credenti vedono in questo papa una figura universale”.

Negli Stati Uniti – secondo un sondaggio di CNN – tre cittadini su quattro hanno un giudizio molto favorevole di quello che la rivista “Time” ha scelto come uomo dell’anno. Fra i cattolici il gradimento sale addirittura all’88 per cento. Nonostante i mugugni di alcuni esponenti del partito repubblicano. A cui non sono sfuggite certe dichiarazioni del papa soprattutto in materia economica.
In Italia – dove a nessuno sfugge l’importanza dell’audience – la messa della vigilia di Natale, fra l’edizione 2012 e quella 2013, ha guadagnato quattro punti di share (dal 13,66 per cento al 17,93). Gli spettatori che hanno seguito su Rai Uno l’ultima benedizione “Urbi et orbi” di Benedetto XVI erano – un anno fa – 2.859.000 (28,93 di share) mentre quelli della prima di Francesco, il 25 dicembre, sono diventati quasi un milione in piu’ (3.921.000 ovvero il 34,32 per cento di share).

Un tale interesse per le parole del Papa, in Italia e nel mondo, impone forse uno sforzo meno burocratico nell’affrontare gli argomenti di un’informazione che, senza voler rubare il lavoro agli specialisti, fa sempre maggiore fatica ad essere classificata esclusivamente come “religiosa”. Il pontefice arrivato “dalla fine del mondo”, come si defini’ la sera della sua elezione, sembra particolarmente impegnato a trascinare le telecamere sempre piu’ numerose al suo seguito in luoghi lontani dai riflettori. Lo si capi’ fin dalla sua prima uscita fuori dal Vaticano, all’inizio dell’estate, in quell’isola di Lampedusa che – qualche mese dopo – sarebbe diventata in tutto il pianeta il simbolo della tragedia dei migranti. Che continua a dominare le prime pagine anche negli ultimi giorni dell’anno.

Fra le periferie che Francesco “illuminera'” durante il 2014 c’e’ anche quella di Taranto: vuole visitare gli stabilimenti dell’Ilva, ha annunciato il vescovo della citta’, Filippo Santoro, dopo una visita a Roma prima di Natale. ” Il pontefice vuole esserci tra gli operai e gli ambientalisti – ha scritto la Gazzetta del Mezzogiorno – tra chi ha paura di morire di fame e chi ha paura di morire di tumore”. Del resto quello di Bergoglio sembra essere un metodo ben consolidato. Come ha raccontato a Marco Politi del “Fatto quotidiano” un prete di Buenos Aires “lui non ha mai guardato alla realta’ dalla prospettiva di Plaza de Mayo (la piazza della cattedrale e del palazzo presidenziale) ma dai luoghi del dolore, della miseria, della poverta’: dal basso di una borgata o di un ospedale”. Passando ore in metropolitana, piuttosto che su un’auto blu. Avendo ai piedi scarpe consumate, piuttosto che lucide per le grandi occasioni.

A pensarci bene e’ un suggerimento di metodo anche per i giornalisti, alle prese con una rivoluzione tecnologica che sembra mettere in discussione i fondamenti del mestiere: ha ancora un senso presidiare territori lontani, in Italia e nel mondo, quando al centro, anche in termini redazionali, sembrano arrivare tutti gli elementi necessari al confezionamento del prodotto ? Il rischio – evidente anche per lettori ed ascoltatori che non fanno mistero della loro insoddisfazione – e’ quello di raccontare il mondo solo attraverso le cronache dei palazzi del potere, di dare il microfono esclusivamente “a quelli che contano”. Di limitarsi a farsi un’idea delle persone attraverso il loro profilo nei social network perche’ per incontrarle in carne ed ossa non c’e’ piu’ il tempo. Rinunciando in definitiva fare domande. E farsi delle domande. Pero’ i motori di ricerca non hanno ancora tutte le risposte.


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