La norma approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana sul finanziamento dell’editoria contiene al proprio interno una previsione legislativa che sta facendo discutere, non poco, il mondo della libera stampa e pone, a mio avviso, non pochi interrogativi di carattere giuridico. Il Parlamento siciliano, infatti, ha previsto che affinchè possano accedere ai finanziamenti all’editoria, posti in essere dall’Europa, le società editoriali di giornali on line debbano avvalersi di un sistema informatico in grado di “identificare l’identità degli autori dei post o dei commenti agli articoli”. In definitiva, il giornale deve provvedere alla schedatura, con tanto di documento di identità, dei propri commentatori. Ora, a fondamento della norma vi sarebbe la garanzia di rintracciare l’eventuale soggetto diffamante. A mio avviso, invero, questa garanzia c’entra assai poco.
A conferma di ciò deve dirsi che già tramite una indagine della Polizia Postale sarebbe possibile rinvenire l’indirizzo da cui ha origine l’eventuale commento diffamante, ma in ogni caso già parte della giurisprudenza affermatasi sulla questione ritiene che dei commenti, eventualmente diffamatori, risponda il direttore del quotidiano on line, nel caso in cui gli fosse stato possibile rimuoverli in tempo ovvero valutarli preventivamente. Dunque, come visto, esistono già gli strumenti legislativi e investigativi per evitare che il web diventi il regno, incontrastato, dell’insulto impunito. Una tale disposizione, in realtà, avrebbe quale effetto quello di porre in essere una vera e propria mannaia nei confronti dei tanti siti informativi web, quotidiani o periodici, che operano, soprattutto ma non soltanto, al Sud una vera attività di informazione libera e sganciata dai poteri politici ed imprenditoriali. Inoltre, non può sottacersi la circostanza che il dotarsi di sistemi informatici in grado di provare e certificare l’identità di colui che scrive appare elemento tanto farraginoso (ed improbabile) quanto dispendioso, per cui è assai inverosimile che possa essere adottato dalla maggior parte dei siti on line che non hanno alle spalle (edizioni on line dei quotidiani cartacei a parte) grandi gruppi editoriali. Ulteriore effetto, a mio avviso, sarebbe quello di limitare la libertà di espressione del proprio pensiero in relazione alla stessa dinamica del web, considerato che peculiarità dei siti informativi on line è, fra le altre, l’immediatezza e l’interazione fra giornalista e utente (commentatore), e ciò, di sicuro, verrebbe meno nel caso in cui il lettore dovesse recarsi, prima di poter commentare, presso la redazione del giornale on line, munito di documenti, e registrarsi.
Non può, ancora, non osservarsi come una norma di tal genere sarebbe in netto contrasto con l’art. 10 della Cedu (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) e con le raccomandazioni di recente formulate dalla Commissione di Venezia (organo del Consiglio di Europa) in relazione alla libertà di stampa, laddove la stessa Commissione prevede che gli Stati, pur nella discrezionalità nell’uso degli strumenti normativi, debbano garantire un informazione libera ed in grado di porsi quale controllore della classe politica e governativa: invero, la stessa Corte di Giustizia Europea ormai considera preminente il diritto alla libertà di stampa rispetto allo stesso diritto alla difesa e tutela della reputazione, poiché il primo è connaturato ed essenziale alla (in)formazione di una pubblica opinione consapevole ed in grado, così, di decidere. Aldilà, in ogni caso, delle considerazioni di carattere strettamente giuridico non può non rilevarsi come, a fronte di una libertà di stampa sempre più aggredita, nel nostro Paese, non sembra proprio che tale norma, fosse la più opportuna e necessaria.