Non sono un tifoso, ma lo scandalo delle partite truccate mi colpisce. Perché è un indicatore della profondità della cultura della corruzione: se arriva anche al calcio, vuol dire che ha perforato tutti gli altri strati ed ha inquinato una falda profonda.
Infatti, per molti questo sport è la cosa più importante dopo la mamma. L’argomento in cui rifugiarsi, quando politica, lavoro, famiglia danno solo dispiaceri. Ma anche un’oasi di pulito, dove valgono ancora virtù importanti, come la lealtà, il coraggio, il sacrificio.
Ora anche gli stadi puzzano della cancrena della corruzione. Il volto immacolato di campioni ammirati da bambini ed anziani è deturpato dalle macchie delle scommesse truccate. Chi ruba e inganna si sente ancora più giustificato dal “così fan tutti” e guarda con sufficienza compassionevole gli ingenui che ancora credono che i soldi non siano tutto.
Oggi andrò a parlare in una scuola media proprio di lotta alla corruzione, per un progetto di Libertà e Giustizia pluriennale. I ragazzi fanno domande dirette e altre volte mi hanno chiesto da dove nasce la corruzione.
Dai desideri scambiati per bisogni, rispondo.
Da chi ti fa credere che se non hai un’auto grande sei uno sfigato, se non indossi il jeans costoso sei ridicolo, se non fai la vacanza esotica non vali nulla. E qui comincia la fame di soldi, un’ingordigia di denaro che un lavoro spesso non può placare, ma la disonestà sì.
Corruzione deriva dal latino “morte”. Scambiare l’essere – la dignità essenziale – con l’avere – il nulla addobbato – porta alla fine. Di una persona, di una comunità.
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