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Blocco del canone e bollino blu. Zanonato – Landolfi. Uno strano caso di affinità elettive

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Ha un bel dire il presidente del Consiglio che “la privatizzazione della Rai non rientra nel programma di questo governo” se, puntualmente, i suoi ministri non perdono l’occasione per minarne le fondamenta come si usa fare con gli edifici destinati all’abbattimento. La procedura seguita non è “one shot”, cioè quella adottata in Grecia, consistente nella chiusura istantanea della Tv pubblica; qui si procede alla progressiva demolizione dislocando le cariche esplosive lungo il tracciato con l’obiettivo di farle brillare al termine stabilito: il 6 maggio 2016, una data che viene surrettiziamente indicata come “scadenza” (piuttosto che rinnovo) della Concessione in esclusiva del servizio pubblico alla Rai. Questa strategia dei piccoli passi presenta il vantaggio di dissimulare l’obiettivo finale evitando al tempo stesso una ferma azione di contrasto da parte dei difensori del servizio pubblico costretti, da queste continue incursioni, a ripiegare nella difesa dello status quo e a rintuzzare le singole mosse in ordine sparso e in modo inconcludente.

L’ultima mina in ordine di tempo è il mancato adeguamento del canone all’inflazione da parte del ministro Zanonato: una decisione in palese contrasto con quanto previsto dalla Legge Gasparri: “Entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni con proprio decreto stabilisce l’ammontare del canone…. prendendo anche in considerazione il tasso di inflazione programmato e le esigenze di sviluppo tecnologico delle imprese”. Sulle conseguenze aziendali e sul significato politico da attribuire al blocco del canone non si può dire niente di più e di meglio di quanto non abbiano già detto Nino Rizzo Nervo e il segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani che, non a caso, ha ricordato il precedente blocco imposto dal ministro Landolfi nel 2006 e il conseguente ricorso opposto dalla Rai. Quello che non tutti ricordano sono le dichiarazioni dello stesso Landolfi, l’anno successivo, nella nuova veste di presidente della Commissione di vigilanza: “Qualsiasi aumento del canone Rai è percepito come un’ingiusta vessazione almeno fino a quando i cittadini-utenti-contribuenti non saranno messi in condizione di distinguere i programmi televisivi che finanziano direttamente con i propri soldi da quelli finanziati dalla pubblicità”……. In sede di approvazione del Contratto di servizio, la Commissione di vigilanza, su mia iniziativa, aveva deciso di introdurre sugli schermi Rai il bollino del servizio pubblico. Irresponsabilmente, zelanti operai dell’undicesima ora, da individuare nella Rai e nel ministero delle Comunicazioni e non certo nelle Sacre Scritture, si sono incaricati di vanificare questo elementare principio di trasparenza e di responsabilità editoriale”.
A sette anni di distanza, un ministro del governo Letta, esponente di primo piano del Partito Democratico, ha finalmente attuato il disegno del ministro Landolfi esponente di primo piano dei governi Berlusconi: blocco del canone, imposizione del bollino, eliminazione dei programmi di intrattenimento dagli obblighi del servizio pubblico.
Il presidente del Consiglio e la rinnovata segreteria del PD sono in grado di spiegare questo imbarazzante caso di affinità elettive?


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