La censura, in tutte le sue forme e varianti, è una nemica mortale della democrazia. L’autocensura fa parte della stessa famiglia, anzi forse è persino più disgustosa perché prevede una partecipazione attiva e consenziente di chi avrebbe il dovere di informare la pubblica opinione. Per queste ragioni abbiamo sempre contrastato ogni forma di bavaglio e qualsiasi tentativo di impedire la pubblicazione dei testi delle intercettazioni che abbiano una effettiva rilevanza sociale e attinenza con i processi in corso. Questa battaglia era ed è ancora più essenziale in un paese nel quale prevale la sub cultura della oscurità, dei segreti di stato, degli omissis,del ricatto e della protezione trasversali tra le oligarchie e le logge.
Proprio perché crediamo in queste ragioni, non abbiamo invece apprezzato l’uso che alcuni media, soprattutto televisivi, hanno voluto fare delle intercettazioni relative ad alcune minorenni coinvolte nel cosiddetto caso delle “Baby prostitute”. La vicenda ha assunto i contorni del racconto porno soft da trasmettere a reti unificate magari nei contenitori formato famiglia del mattino e del pomeriggio. Lo schema è sempre lo stesso: qualche parola di sdegno, uno psicologo in studio, possibilmente un prete, e poi lunga lettura delle parti più scabrose delle conversazioni, con tanto di prestazioni e di tariffe. Segue ovviamente la condanna delle mamme mostro.
Meno, molto meno, si sa invece dei clienti, della loro provenienza, del contesto etico e sociale che li esprime, e che certo non affonda le sue radici nel mondo del disagio e della emarginazione. In alcuni servizi le ragazze minorenni sono state rese in modo tale da essere facilmente identificabili, in aperta violazione anche dei codici di autoregolamentazione professionale. Questo uso delle intercettazioni non ha nulla a che vedere con la rilevanza sociale ed indebolisce la sacrosanta battaglia di chi ha detto e continuerà a dire No ai bavagli di qualsiasi forma, natura e colore!