Le cifre parlano chiaro. Due su tutte: l’età media degli agenti di polizia in Italia è ormai di quaranta cinque anni, il che significa che ci sono reparti mobili (come quello di Taranto, per fare un esempio tra i tanti), la cui età media supera i cinquant’anni ed è stato, per questo, battezzato come geratria. La seconda cifra riguarda la vita delle volanti che percorrono le strade e intervengono sui problemi urgenti: a Roma, una metropoli vicina ai cinque milioni di abitanti, c’è una volante ogni ottantacinquemila abitanti. A Caserta, capitale del gruppo dei Casalesi, la punta di diamante della camorra campana, (quella che ha seppellito tonnellate di rifiuti tossici e nocivi in quelle terre del Napoletano) le auto di polizia hanno percorso in media duecentomila chilometri, in gran parte a spese dei poliziotti visto che il comando generale non ha i soldi per farlo direttamente come vorrebbe la legge.
Potremmo continuare ma vale la pena notare due cose di cui sui nostri giornali non si parla mai. La prima è che chi conosce il fenomeno mafioso sa che intercorre un circuito permanente tra le associazioni mafiose e la criminalità comune. Quest’ultima è, in qualche modo, governata dalla prima e deve sottostare ad alcune regole che non creino problemi. In una situazione complessiva in cui le mafie sono all’attacco come è stato di recente riconosciuto, anche a livello di governo e di parlamento, la criminalità comune si ritaglia zone di azione e spazi maggiori del solito con i risultati che si colgono soprattutto nei grandi agglomerati urbani.
Nei giorni scorsi il quotidiano più diffuso in Italia (continua ad essere, come è noto, la Repubblica di Ezio Mauro) ha pubblicato un pericoloso aumento della criminalità di cui è il caso di riportare alcuni dati essenziali che riguardano l’intera penisola. Analizzando i casi di dieci città dell’intero paese, se si escludono la situazione di Genova (dove complessivamente i fatti criminali che includono omicidi volontari, furti e rapine sono diminuiti dal primo al secondo semestre 2013 da 28.993 a 26.958 ) e quella di Napoli dove i delitti sono scesi dall’uno all’altro semestre da 41.095 a 38.976, in tutte le altre città prese in considerazione che sono Milano, Torino, Trieste,
Bologna, Firenze, Roma, Bari, Palermo, il segno è sempre di aumento (in particolare a Trieste, Bari e Palermo, sicchè ci vorrebbe un’analisi più articolata per capire fino in fondo il fenomeno in corso). Ora non c’è dubbio che su un fenomeno di così grandi proporzioni e così allarmanti da alcuni punti di vista (un poliziotto – scrittore come Riccardo Cazzaniga, vincitore del premio Calvino con il racconto A viso coperto pubblicato da Einaudi Stile libero ha commentato in maniera significativo le difficoltà della polizia: “Una volta ci chiamavano sbirri, ora ci compatiscono) influiscono elementi che caratterizzano i casi dell’uno e dell’altro distretto. Pensiamo, ad esempio, al fatto che in certi casi la crisi economica è particolarmente dura e fa diminuire il complesso degli affari pubblici e privati oppure che si verifica una rilevante emigrazione di soggetti da una città o da una regione all’altra del paese. O ancora dopo lotte tra un’associazione e un’altra ci sono spostamenti conseguenza di sconfitte o di vittorie.
Insomma, le ragioni del calo sono complesse come andrebbero analizzate anche quelle dell’aumento che riguardano la maggior parte degli altri casi.Non siamo in grado in un articolo di fare questo lavoro ma resta evidente il fatto che l’aumento si è verificato ed è, per certi aspetti, paradossale che classi dirigenti, che puntano essenzialmente sull’aspetto repressivo della lotta contro il crimine mafioso o non, determino una condizione di difficoltà così grande e rovinosa per la polizia di Stato che ha sempre disposto di forze maggiori rispetto alle altre quattro polizie del paese.