Della bella mostra “Modigliani, Siutine e gli artisit maledetti” mi ha colpito il ruolo fondamentale dei caffè parigini. Appena si entra nel Museo della Fondazione Roma, in un angolo è ricostruito uno di questi ritrovi. Rimango impigliato con lo sguardo tra i suoi tavoli tondi con le sedie. E sento crescere nella mia fantasia le voci degli artisti che discutono animatamente, tra il rumore di bicchieri e cucchiaini, con in lontananza qualche risata che sale insieme al fumo della sala. E’ in questi gruppi che il livornese Modigliani s’inserisce per dare uno sbocco alla sua voglia di esprimersi, di miscelare le sue radici del Rinascimento Toscano con le violente emozioni avvertite nel suo primo contatto con l’arte africana e le sculture di donne dal collo allungato e i tratti stilizzati.
Nel museo sono esposti i suoi ritratti più famosi come la “Fanciulla in abito giallo”, ma soprattutto il “Ritratto di Jeanne Hébuterne”, dove la verticalità del collo della modella che diventerà sua compagna ritratta di profilo è esaltata dall’acconciatura fortemente allungata. Modigliani non ha soldi, ma soprattutto non viene considerato per la sua pittura. Picasso è il più severo con lui, al punto che trovandosi a corto di tele, prende un quadro che il livornese gli ha donato, lo sbianca e ci dipinge sopra. Spesso si ubriaca con Utrillo, pittore anche lui, precocemente alcolizzato e figlio della ex modella amata da Toulouse Laurec, Suszanne Valadon, diventata poi pittrice.
Di questi artisti sono esposte le opere ed è interessante vedere lo stile sempre più maturo della Valadon, mentre la meticolosità di Utrillo ci fa capire che arrivò ai pennelli su consiglio di un medico, come estremo tentativo di allontanarlo dall’alcol. Intanto, Souten ragazzo lituano fuggito a piedi dalla miseria del suo paese fino a Parigi, grazie all’aiuto di Modigliani s’inserisce nel gruppo e si fa notare per la forza espressiva abbinata a soggetti sorprendenti (notevole il “Quarto di bue” esposto).
In questo magma artistico s’imbatte il rappresentante alsaziano Jonas Netter. Ha bisogno di rinnovare i documenti e va dall’ispettore di Montparnasse. Appena entra nella stanza dell’ispettore è abbagliato dalle pareti coperte di quadri. Il funzionario si schermisce dicendo che sono pagamenti “in natura” di artisti balordi, che provocano danni con le loro intemperanze da ubriachi e pagano le cauzioni con strani quadri.
Netter inizia a comprare le tele di quegli artisti, con una predilezione per Modigliani, che a lui deve le prime soddisfazioni e i primi scarsi soldi. Non a caso la mostra si apre con il ritratto che il pittore'”italiano” gli ha fatto, cogliendo l’eleganza di un uomo d’affari per estrazione, ma con una spiccata sensibilità per le avanguardie del primo novecento. Uscendo getto l’ultima occhiata sui tavolini del caffè dell’ingresso.
E penso che ora non ci sono più quei luoghi dove gli artigiani delle emozioni – scrittori, musicisti, pittori – si incontravano, discutevano e si contaminavano. Ora c’è il web, con la sua immensa ricchezza di informazioni.
Ed il suo silenzio.
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