Dopo neanche due mesi dalla sua nomina a Governatore della Banca Centrale somala, annunciata come un grande successo internazionale delle istituzioni statali, la Sig.ra Yussur Abrar ha rassegnato le dimissioni, peraltro con modalità assai particolari: una lettera da Dubai dello scorso 30 ottobre indirizzata al Presidente Mohamud prima di partire per un’ignota destinazione.
Yussur Abrar è dotata di un curricolo impressionante nel mondo bancario ed assicurativo. Nei suoi trent’anni di carriera è stata vicepresidente di Citigroup, tra le più importanti banche del mondo, ed ha rivestito una posizione apicale anche nella American International Group, una della maggiori imprese assicurative mondiali.
Con queste caratteristiche la sua assunzione del vertice della Banca Centrale somala era stata considerata un grande successo del governo di Hassan Sheikh Mohamud, un fiore all’occhiello di credibilità ed affidabilità per un governo incaricato da appena un anno ed il cui primo bilancio non aveva quadrato per ben 12 milioni di dollari. Al precederete Governatore nominato dal Presidente Mohamud, Abdusalam Omar, l’ONU aveva mosso un’aspra reprimenda quando, nell’ultimo rapporto, lo aveva accusato di cattiva gestione delle risorse affermando che l’80% delle uscite non era destinato a servizi pubblici e costringendolo alle dimissioni cui era seguita la nomina di Abrar.
Yussur Abrar era così divenuta, lo scorso 13 settembre, una delle pochissime governatrici di banche centrali e la sua reputazione aveva certamente favorito la disponibilità dei paesi donatori a promettere ingenti fondi per la riconciliazione e la ricostruzione della Somalia. Dopo appena tre giorni dalla sua nomina la UE, nella riunione del 16 settembre dedicata proprio alla Somalia, si era impegnata ad un contributo di 2,4 miliardi di dollari ed il Presidente Mohamud aveva proseguito il suo viaggio in Europa venendo in visita a Roma accompagnato anche dalla Sig.ra Yussur Abrar la quale aveva avuto così modo di spiegare, anche alle autorità italiane, come le sue priorità fossero il rafforzamento della regolamentazione fiscale e la trasparenza interna della Somalia con l’istituzione di una nuova politica monetaria e l’apertura al mondo bancario e finanziario internazionale onde favorire lo sviluppo economico e la crescita del Paese.
Ora le dimissioni della Sig.ra Abrar non sono solo un colpo durissimo per la credibilità del Presidente Mohamud, ma costituiscono un vero e proprio atto di accusa con cui l’ex Governatore imputa all’intera gestione governativa pesanti interferenze sulla sua azione che non hanno permesso alla Banca Centrale di funzionare come un’istituzione credibile.
Nella sua missiva di dimissioni al Presidente Mohamud, la Sig.ra Abrar evidenzia altresì i rischi di corruzione che le offerte dei paesi donatori potrebbero alimentare e dichiara espressamente di aver temuto per la propria vita.
Le dimissioni della Sig.ra Abrar interrompono il feeling che il Presidente Mohamud aveva raggiunto con il Fondo Monetario Internazionale quando lo scorso aprile la Somalia vi era stata riammessa ed una prima missione, presieduta da Rogerio Zandamela, si era conclusa a fine giugno con una relazione in cui si apprezzava il dinamismo dell’imprenditoria privata alimentata dal rientro in patria di una diaspora ricca ed intraprendente soprattutto nei settori della comunicazione, delle costruzioni e del trasferimento monetario. Pur non avendo consentito l’apertura del borsellino, a causa di una pendenza di 200 milioni di dollari con la Banca Mondiale, il rapporto dell’FMI era il primo, e positivo, dopo oltre vent’anni di assenza della Somalia dal più importante salotto finanziario mondiale e gli apprezzamenti avrebbero potuto migliorare e apportare finalmente finanziamenti se alla Sig.ra Yussur Abrar fosse stato consentito di lavorare.
Così non è stato e la Somalia perde l’elemento di maggior prestigio nel suo raccordo con la comunità internazionale al termine di una settimana in cui la sua credibilità aveva già subito un durissimo colpo.
Infatti, nel weekend tra il 26 ed il 27 ottobre, la polizia politica di Mogadiscio era intervenuta per chiudere Radio Shabelle e Sky FM Radio, due dei media più autonomi e prestigiosi della Capitale somala, noti anche all’estero e, com’è noto, non c’è peggior marchio di infamia, per il mondo occidentale, di un regime che tappa la bocca alla stampa libera.
A questi due pessimi segnali occorre aggiungerne un terzo. Appena lo scorso ferragosto Medici Senza Frontiere aveva annunciato la chiusura di tutte le sue attività in Somalia perché “Il sostegno e la tolleranza di gruppi armati e autorità civili ai violenti attacchi contro Msf ledono le garanzie minime di sicurezza necessarie per mantenete i programmi di assistenza”.
Il Presidente Mohamud sta commettendo errori gravissimi, allontanando la Somalia da quella comunità internazionale che si era dichiarata disposta a riammetterla nel suo seno confidando nel più rappresentativo e promettente dei governi degli ultimi anni (fatta eccezione per i successi colti nel breve periodo del premierato di Mohamed A. Mohamed).
Anche di successi contro gli Al Shabab non si sente più parlare, nonostante i conflitti interni abbiano sicuramente indebolito l’organizzazione alleata di Al Qaeda che appena poche settimane fa ha messo a ferro e fuoco il centro commerciale di Nairobi.
E’ tempo di una radicale svolta nella gestione della Somalia che di questo passo rischia di perdere tutte le opportunità che si erano appena presentate e che i somali non vogliono assolutamente perdere.
Il Presidente Mohamud decida da che parte vuole stare.