“I dolori del Lavoro”. In tutto il mondo sta perdendo posizioni, cioè quote di reddito, a vantaggio del capitale. Chi lo denuncia? Un’associazione di marxisti leninisti in pensione? No è l’Economist, il settimanale dell’establishment finanziario, a dirlo. http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21588900-all-around-world-labour-losing-out-capital-labour-pains In estrema sintesi vengono riportati gli inequivocabili numeri dell’Ocse. Dal 1980 si segnala una continua e progressiva discesa delle quote di reddito destinate al lavoro dipendente. E gli aumenti di produttività (frutto delle cosiddette riforme) a chi vanno? Da noi, coi tempi che corrono, si darebbe tutta la colpa alle tasse, il tema che nei talk show serve a presentare una finta vetrina della società con ricchi e poveri “uniti nella lotta” contro lo Stato sociale vorace e predatore. Per l’Economist invece i soldi sono intascati dal capitale, dai grandi azionisti. Gli unici dipendenti che hanno avuto vantaggi sono i top manager, cioè quell’1% che guida le aziende e che si è bellamente arricchito. Per l’Economist le ragioni di questa nuova distribuzione della ricchezza sono oggettive: la globalizzazione, la liberalizzazione del mercato del lavoro, la diffusione della tecnologia. Sono ragioni ben note che schiacciano il potere contrattuale di chi lavora. Anche se si introducessero nuove tutele sul piano nazionale, queste potrebbero essere facilmente aggirate spostando altrove le produzioni. Insomma i dipendenti sono fregati comunque. O accettano bassi salari (non proprio cinesi ma ci si va avvicinando) o restano disoccupati. Ma la cosa più interessante è che l’articolo ha provocato una discussione sul che farehttp://www.economist.com/blogs/freeexchange/2013/11/inequality?fsrc=rss . Si pone la questione del reddito minimo in termini nuovi e pure quella di forme nuove di partecipazione del lavoro alla crescita della ricchezza degli azionisti. Ma qual è la vera preoccupazione del giornale? Che squilibri sociali sempre maggiori facciano implodere il sistema, che non ci siano più elettori/consumatori che partecipino al gioco. Le democrazie si reggono su una logica inclusiva. Se solo pochissimi incassano e il 99% soffre tutto rischia di crollare. La miopia di un capitalismo vorace può essere (per il sistema economico) più pericolosa di vecchie utopie più o meno rivoluzionarie.