Questa mattina alle 5 è iniziato il trasferimento degli Arctic30, l’equipaggio dell’Arctic Sunrise di Greenpeace, che dal centro di detenzione preventiva di Murmansk, dove si trovano da 54 giorni, sono adesso diretti verso una meta ignota, probabilmente San Pietroburgo. “Non sappiamo ancora se il trasferimento di questi 30 donne e uomini, incarcerati ingiustamente dopo una protesta pacifica, rappresenterà o meno un miglioramento delle loro condizioni di detenzione e del rispetto dei diritti umani fondamentali. Abbiamo fatto quanto in nostro potere per assicurare che
viaggino in condizioni umane”, afferma Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
Il modo più comune per trasportare i detenuti in Russia è un treno prigione, che può essere attaccato a un treno passeggeri oppure a un treno merci. I detenuti, spiega Greenpeace, viaggiano in speciali carrozze suddivise in celle, solitamente non riscaldate, per quattro persone, con due cuccette di legno su ogni lato. Non c’è alcuna conferma al momento che gli Arctic30 stiano viaggiando in questo modo. “Il nostro team a Murmansk ha comunque fornito loro abiti caldi supplementari per affrontare il viaggio”, spiega Onufrio.
A differenza di Murmansk, a San Pietroburgo c’è qualche ora di luce in più in inverno, e per i familiari e i diplomatici sarà più facile visitare gli Arctic30. Tuttavia non c’è nessuna garanzia che le condizioni di detenzione saranno migliori, sottolinea Greenpeace, anche perché possono essere ospitati in diversi centri di detenzione preventiva. Per il momento resta a carico degli Arctic30, 28 attivisti, tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro e 2 giornalisti, sia l’accusa di vandalismo che quella di pirateria, che ufficialmente non è mai stata ritirata, nonostante le dichiarazioni delle autorità russe. “La loro incarcerazione è semplicemente illegittima. Non sono ne’ vandali, ne’ pirati. Sono innocenti e devono essere scarcerati subito. La protesta pacifica per la difesa dell’Artico non è un crimine, ma un grande servizio reso all’umanità”, conclude Onufrio.