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Giornalisti, un conflitto di interessi c’è anche per noi (appunti per il Forum sul Giornalismo)

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Roma, 20 novembre 2013 – Di solito succede a novembre, all’indomani delle alluvioni e delle frane che puntualmente devastano questa o quella regione italiana. Allora puntualmente risuona nei telegiornali e sui quotidiani del “bel” Paese un pianto greco sopra il saccheggio del territorio, il ritardo nei soccorsi, l’emergenza climatica trascurata, la protezione “incivile”. Come una febbre influenzale, se ne va in pochi giorni. Raramente se ne parlerà nel corso dell’anno. Praticamente mai giornali e telegiornali si impegneranno in una vera campagna per indurre politici e governanti a provvedere al riguardo. Passata l’ondata emotiva, calerebbe l’attenzione e con essa, quel che più conta, l’introito pubblicitario.

Altro esempio di attualità: le primarie del Pd. Matteo Renzi veniva già dato per favorito prima ancora che venissero fuori i nomi dei suoi competitori alla carica di segretario. Gianni Cuperlo, sostenuto dai boss del partito, viene poi dato come inseguitore. Gli altri due,Pippo Civati e Gianni Pittella, sono praticamente ignorati. Lo spazio e l’attenzione dei media vengono amministrati in quest’ordine. Ovvio che le previsioni si avverino. Analogamente a quanto avviene per la fisica delle particelle, l’osservatore cambia l’oggetto osservato.
Due esempi per ricordare che la selezione delle notizie come quella dei protagonisti dell’attualità, a cominciare dai leader, è sempre trattata come la vendita di una merce, dipende dalla domanda, dall’interesse dimostrato dai lettori/spettatori o da quello degli sponsor. In altre parole, il peso della pubblicità sull’informazione non è soltanto quello quantitativo delle entrate nei bilancio dell’editore ma anche quello qualitativo quotidianamente esercitato sui giornalisti nella confezione del giornale. Ciò anche indipendentemente dalla pressione esercitata direttamente dal potere politico, economico o finanziario.
Ecco allora che l’autonomia della professione rischia sempre di risolversi in autonomia dalla professione e dalle sue regole. Con azioni ed omissioni, quello che dovrebbe essere un servizio pubblico ai cittadini per aiutarli ad avere un quadro possibilmente obbiettivo della realtà e farsi un giudizio sulla medesima si traduce in una manipolazione di fatto, sia pure con la collaborazione della loro ignoranza o della loro emotività.
Chiediamoci: quanti giornalisti pensano che “il rispetto della verità sostanziale dei fatti”, così come la “lealtà” e la “buona fede” imposti dalla legge professionale del ’63, in questo da non considerarsi obsoleta, siano da anteporre ai criteri del successo negli ascolti o nella vendita delle copie? Tanto più che agli stessi criteri si informa non solo la comunicazione delle notizie e dei protagonisti della cronaca, ma anche la selezione dei comunicatori e del loro linguaggio.
E’ pur vero che nelle attuali condizioni del mercato editoriale per la maggior parte dei colleghi non garantiti il rispetto delle regole può voler dire la perdita della collaborazione o del posto di lavoro, ma altro è subire il ricatto come una limitazione contro cui cercare la solidarietà sindacale, altro è anticipare con entusiasmo le direttive per farsi largo in redazione.
Questo è il conflitto di interessi che c’è anche per noi. Averne consapevolezza è il primo passo da compiere per chi oggi vuol battersi per un’informazione di servizio pubblico ed una vera coerenza con l’articolo 21 della nostra Costituzione.


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