“La nitida fotografia scattata dall’osservatorio dell’LSDI ci mostra un quadro della professione giornalistica più che preoccupante”. Lo dichiara Daniele Cerrato, Presidente della Casagit (Cassa integrativa dei giornalisti italiani), in occasione della presentazione del Rapporto di Lsdi sulla professione giornalistica in Italia.
“Nel bel mezzo di una tempesta perfetta su sistema industriale, mercato pubblicitario ed editoria italiani, il numero dei giornalisti cresce. C’è qualcosa che davvero non va. Un giornalista ogni 526 italiani, bimbi compresi – sottolinea Cerrato – sarebbe un fatto comico se non avesse conseguenze drammatiche sul nostro mondo del lavoro e sui nostri istituiti ed enti”.
“Gli editori – rileva il Presidente Casagit – possono ‘pescare’ a mano libera facendo il bello e il cattivo tempo e naturalmente non si fanno pregare a farlo. Pubblicisti contrattualizzati come praticanti per risparmiare sui contributi, collaboratori pagati poco e male, redazioni intere affidate a colleghi pensionati che, talvolta, essendo stati mandati in pensione presto, rimpinguano un assegno un po’ troppo leggero.
Tutti hanno più d’una ragione per mantenere lo ‘status quo’. Dobbiamo cambiare le regole d’ingaggio della nostra professione e non vale solo per il Contratto.
In questo contesto – sottolinea Cerrato – il ruolo della Casagit è sempre più prezioso. Il Sistema Sanitario Nazionale, infatti, offre sempre meno e con una geografia tanto diversa da regione a regione.
Avere una Cassa di Assistenza che funziona è fondamentale. Ma, a oggi – denuncia il Presidente della Casagit -, quasi il 10% dei giornalisti iscritti vive della solidarietà di tutti. Vale per 2.400 colleghi. In parte sono disoccupati o cassintegrati, in parte sono dipendenti di editori che non pagano i contributi e si fanno inseguire fin sulla porta del fallimento prima di versare qualcosa del dovuto e pianificare azioni di rientro spesso disattese nel giro di qualche mese. Sapendo che la Casagit non fa mancare la sua copertura anche ai colleghi per i quali non vengono versati i contributi taluni editori ne approfittano in modo disinvolto. Insomma fanno tutto fuorché gli editori o meglio i buoni imprenditori. D’altra parte – conclude Cerrato – non è una novità che l’editoria italiana sia affollata da mestieranti di varia estrazione, per questo non sempre possiamo attenderci d’avere a che fare con persone dotate di una professionalità definita”.