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Giancarlo Caselli: magistrato per sempre

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Diceva il presidente Oscar Luigi Scalfaro che un magistrato è per sempre tale, anche quando lascia la toga. Perché si porta dentro l’impronta dell’alto magistrato cui ha dedicato anni e anni di vita. Ed una definizione del genere calza a pennello per Giancarlo Caselli che ieri ha annunciato la decisione di andare in pensione a fine anno, con qualche mese di anticipo sulla scadenza naturale. Perche per Caselli ,il  lavoro di magistrato (giudice istruttore,inquirente, giudicante,procuratore capo e procuratore generale,con un passaggio al CSM, al DAP ed in Eurojust)  è stata anche la sua vita,lo stesso impasto ben riuscito di forza morale e rispetto assoluto della legge, determinazione nelle indagini senza guardare in faccia a nessuno e rapporto stretto con la società, con le persone, rispettandone l’essenza anche quando sbagliavano, ma dimostrando l’inflessibilità necessaria quando era necessario mettere dei punti fermi, di responsabilità e chiusura con il reato commesso.

E’ sempre stato così: ed è per questo che ha sempre avuto la fiducia (anche personale) di molte persone, colleghi innanzitutto e di molti di noi. Perchè  quando si è assunto forti responsabilità di indagine, dall’epoca del terrorismo delle brigate rosse e prima linea , sino agli anni duri ma esaltanti di Palermo nella lotta alla mafia,lo ha sempre fatto con forza, assumendosene il “carico” , cosciente che  un lavoro difficile come il magistrato,  deve incarnare la tranquilla virtù della responsabilità in prima persona ,avendo da un lato la Legge e dall’altro la Società, soprattutto i giovani. Per Caselli il concetto di Legalità non può prescindere né dal rispetto delle norme della convivenza civile, né dal consenso che le regole devono avere  nei contesti sociali,dove l’imposizione di leggi produce solo disastri ,se non sono accompagnate dalla spiegazione, educativa, del significato di Giustizia, del rapporto equilibrato tra diritti e doveri del cittadino, tutti uguali davanti alla legge,soprattutto quelli che hanno più responsabilità e più possibilità. Ed è un concetto che vale per tutti, al di là degli schemi e delle appartenenze politiche, sindacali,anche all’interno della magistratura.

Sono tantissimi gli episodi della carriera di Giancarlo Caselli che potrebbero essere citati per spiegare questo concetto di Giustizia e Legalità: dalla creazione del primo Pool di magistrati sul terrorismo a Torino (maestro il grande capo dell’Ufficio Istruzione di allora,Mario Carassi), dove all’inflessibile rigore delle indagini,si sommava una forte capacità di quel gruppo di magistrati,Caselli e Laudi in testa, di cogliere le sfumature, le diversità tra le persone ed i ruoli,per capire meglio le responsabilità di ciascuno; soprattutto dopo le confessioni di Peci e Sandalo,quando i magistrati inquirenti si trovarono davanti , contemporaneamente, ragazzini  esaltati e impauriti,insieme a capi ideologizzati e chiusi nelle proprie convinzioni sbagliate.  Sino alla scelta di andare a Palermo a guidare quella Procura, a gennaio del 1993, subito dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio. Ricordando quella scelta,ha detto nel febbraio del 2012:  “Le radici della mia scelta risalgono al 19 gennaio dell’88, quando il CSM bocciò la nomina di Giovanni Falcone a capo dell’ufficio istruzione, preferendogli il suo oppositore, Meli. Provo ancora vergogna per la bocciatura di Falcone. Mi sentivo in debito con Falcone e con Borsellino, che l’aveva sempre sostenuto…”. Caselli fu l’unico di Magistratura Democratica  a votare a favore di Falcone,in quel CSM, dove, disse Borsellino, alcuni Giuda (della sua corrente che non era MD) tradirono Falcone, rompendo la stagione del maxi processo,facendo tornare la “palude” a Palermo. Caselli provava vergogna ,anche se lui aveva votato a favore e si era battuto per Falcone. Ma provava vergogna per “la categoria”. E’ l’uomo Caselli che si fa carico delle battaglie importanti;per le persone, ma soprattutto per lo Stato,per la magistratura.  Ed a Palermo lavorò, con lo spirito del Pool,per arrivare anche a quelle sfere politiche che Falcone e Borsellino non avevano fatto in tempo a toccare,i processi Andreotti, Mannino, Dell’Utri. Si è detto dell’”assalto al cielo” rappresentato da quei processi, della sola forza evocativa che avrebbero avuto (come se già questo non fosse importante, per noi tutti…) per metterli contro una idea di magistratura che invece si doveva fermare prima per avere certezze di arrivare in porto con i processi ed avere sentenze più sicure. Dimenticando che l’azione penale è obbligatoria quando si hanno in mano non tesi,ma testimonianze e riscontri. Non fare quei processi avrebbe avuto il sapore amaro della resa della Legge di fronte ad una certa idea della politica e della giustizia a parametri variabile che per anni ha imperversato anche in molte procure,tribunali e Corti d’assise e d’appello italiane. Averli comunque condotti in porto,trovando condanne anche pesanti,accertamenti di responsabilità (non dobbiamo dimenticare che Andreotti è stato comunque riconosciuto colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa sino al 1980), è stato un atto dovuto, necessario. Per l’Italia, ed anche per come la Giustizia deve venir intesa in un paese civile. Così ha fatto Caselli e credo che tutti dobbiamo dargliene atto e merito.

Ma mentre,super scortato,viveva isolato in quelle torri de La Favorita,a Palermo, Caselli non ha mai dimenticato di andare nelle scuole ad incontrare i ragazzi, o alle manifestazioni antimafia, anche a Corleone,per il 21 marzo di Libera,anche se,per motivi di sicurezza, aveva dovuto fare quei chilometri di strada tortuosa sdraiato sul sedile posteriore di un’auto caricata su una bisarca… Perché la Legge non vive in una “turris eburnea”, lontana dalla gente: i siciliani, i palermitani ed i corleonesi, avevano bisogno di vedere che la Legalità, la Giustizia è possibile, unendo le loro forze di cittadini ,la loro onestà, con i magistrati e le forze di Polizia e Carabinieri. Così si è isolata la mafia, così sono arrivati a valanga i pentiti. Vedendo che lo Stato c’era a Palermo,sino a quando la “palude” ha ripreso il sopravvento, sino a quando la politica ha rallentato quella spinta riformatrice  destrutturando una unione tra società e magistratura carica di significati e speranze.

Per quanto Caselli non è stato amato , anzi è stato avversato sempre da chi invece vedeva solo questa magistratura come un pericolo alla stabilità del potere e delle collusioni, anche politiche,, sino al punto di confezionare una legge “contra personam” per evitare che potesse  arrivare alla Procura Nazionale antimafia. E’ stata l’unica  legge  così fatta  nel dopoguerra italiano: abbassare i limiti di età per evitare che Caselli potesse concorrere,ancor prima che si delineasse la concreta possibilità che questo avvenisse.

E’ restato a Torino, dove ha dato spazio alle inchieste  senza fermarsi dinanzi a difficoltà oggettive o soggettive: come aveva fatto per l’inchiesta sul Cinema Statuto  (64 morti in un incendio,nel 1983,un dramma dal quale è però nata la prevenzione degli incendi nei locali pubblici), ha spronato ad andare in fondo nei processi  sull’Eternit e sulla Thyssenkrupp, come sui delitti minori ed individuali, sempre alla ricerca di quella Verità e Giustizia che ha impersonato sui palchi di ogni Giornata della Memoria e dell’Impegno Antimafia di Libera, leggendo i nomi delle vittime delle mafie.  Perché Libera e Luigi Ciotti, sono stati una spalla al suo lavoro ed uno stimolo, per il lavoro e per la “coscienza” ,di fronte alla quale anche nei momenti di stanchezza di devi comunque confrontare. Ma sicuramente Giancarlo Caselli non sarebbe l’uomo che è, senza la moglie Laura che,in silenzio,è stata la vera guida,il timone di una famiglia così “particolare” e scortata per anni ed anni. Senza i suoi figli ai quali ha trasmesso passione civile e voglia di conoscenza.

Ora avrà più tempo per dedicarsi agli studi,alla famiglia ed ai nipoti, a Libera. Ma siamo sicuri che rimarrà sempre il Caselli che abbiamo conosciuto. Impetuoso quando si parla del Torino Calcio, passionale quando si toccano i temi della Giustizia,intransigente sui criteri di vita e di rispetto della legge, anche nei momenti delle scelte difficili, come ha fatto recentemente uscendo da Magistratura Democratica per una divergenza profonda sulla pubblicazione di un articolo di Erri De Luca sugli anni del terrorismo, guardando  all’oggi in Val di Susa.  Perché anche qui, in una valle dove l’ ideologia è prevalsa ormai sui dati “fattuali” della TAV, Caselli è stato magistrato fino in fondo,là dove la legge significa rispetto della convivenza civile e delle regole, anche nel dissenso più profondo e nell’antagonismo acceso,che non può e non deve entrare nella illegalità. Anche per il momento delicato che si sta vivendo in questo Paese, e per il rispetto che si deve alla Costituzione, al suo impianto ed al suo ruolo di Carta di riferimento per la nostra democrazia.

Aspettiamo Giancarlo Caselli  al prossimo traguardo, che attraverseremo insieme.


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