Questa settimana sarà a Roma Frank La Rue, lo Special Rapporteur dell’Onu sulla libertà di opinione e di espressione. Non è il suo primo viaggio in Italia: sia le rappresentanze istituzionali del giornalismo che le associazioni impegnate a lottare contro i vari tentativi di legge-bavaglio lo avevano già incontrato negli anni scorsi, trovando in lui un’importante sponda internazionale. Ma questa visita “fa notizia” perché è la prima volta che avviene in forma ufficiale, cioè su invito del governo del Paese ospitante. Non era successo quando a palazzo Chigi c’era Berlusconi, e il mancato invito non poteva sorprendere. Ma non era accaduto nemmeno sotto il governo di Mario Monti, che pure, in ambito economico, aveva assunto le richieste dell’Europa e degli organismi internazionali come criterio rigidamente vincolante per le decisioni nazionali.
I temi sui quali dialogherà coi suoi interlocutori italiani sono i capitoli vecchi e nuovi della nostra anomalia: gli assetti proprietari dei media, le forme di vigilanza sulla comunicazione, la libertà di espressione e la privacy in rete, i discorsi di incitamento all’odio, il diritto di accesso dei cittadini alle informazioni. La questione dei conflitti di interesse e delle concentrazioni di potere economico-politico-mediatico – che nel dibattito dei partiti italiani tocca in questo periodo il minimo storico di attenzione, come ha ricordato anche Benedetta Tobagi – non smette evidentemente di suscitare inquietudine in chi ci guarda da fuori, e non considera il clima delle larghe intese come motivazione sufficiente a dimenticare la nostra collocazione assai poco “europea” nelle classifiche internazionali.
Il rappresentante Onu incontrerà le diverse authorities, gli esponenti del governo, le commissioni parlamentari competenti, oltre alle voci della società civile. Giovedì pomeriggio, nel momento più pubblico della sua visita, sarà al Senato – in un convegno introdotto dai presidenti Boldrini e Grasso – per discutere di censura e di giornalisti minacciati, di querele pretestuose e di diritto all’oblio in rete, di tutela della privacy anche rispetto ai giganti di internet, dell’equilibrio possibile tra diritto d’autore e circolazione delle informazioni.
C’è da sperare che questa serie di incontri serva non solo a La Rue, come è ovvio, per avere un quadro dettagliato della situazione italiana, ma anche ai suoi interlocutori istituzionali e politici per rilanciare l’iniziativa su tutta la materia dei media. Tranne il disegno di legge sulla diffamazione votato dalla Camera e alcune polemiche sulla Rai – che hanno però evitato accuratamente di riaprire il dossier della riforma dei criteri di nomina del vertice – il dibattito sull’assetto della nostra comunicazione in questi primi 8 mesi di legislatura è stato caratterizzato da una calma piatta che sa tanto di rimozione.
Sulla base dei risultati della sua visita, l’inviato Onu preparerà un rapporto, con annesse raccomandazioni, che verrà presentato a marzo dell’anno prossimo al Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Se nulla cambierà, se ne possono facilmente prevedere contenuti e giudizi. Ma la conferma delle nostre negative anomalie sarebbe stavolta ancor più imbarazzante, perché l’Italia avrà, nel secondo semestre 2014, la presidenza di turno dell’Unione Europea. Non faremmo davvero una gran figura nel ruolo, se lo dovessimo esercitare indossando ancora la maglia nera. Vogliamo usarli meglio, i prossimi mesi?