“Ci ha lasciato Candida Curzi, compagna, giornalista, madre amatissima e moglie innamorata”: dice così l’annuncio, semplice e che ti stringe il cuore, della famiglia. C’è tutta la sua vita in questo annuncio; forse manca soltanto la parola figlia, di Sandro e Bruna Bellonzi, una straordinaria coppia di colleghi che non ci sono più, Bruna se ne è andata da poche settimane.
Aveva poco più di 20 anni Candida quando cominciò a lavorare all’Ansa, da cronista, brava, intelligente, scrupolosa. In quella redazione della cronaca di Roma e del Lazio, guidata allora da Annibale Paloscia, che ha forgiato decine di ottimi giornalisti. Alcuni di noi, dalle altre redazioni, andavamo in cronaca in quei giorni carichi di tensione e di violenza, con la voglia di partecipare in qualche modo ad una idea di informazione completa e corretta, che andava sempre al di là delle veline della Questura o della Prefettura per raccontare la verità. Ci divertivamo anche, con Candida, Rita, Torello, Guido e i tanti che a cavallo degli ottanta lavoravano nella squadra di Annibale.
Poi arrivò Vitantonio, anche lui famiglia di giornalisti, e misero in piedi con Candida un progetto di vita nel quale fu sempre coinvolto Emilio, figlio di Mino Fuccillo.
Dunque, compagna. I giornalisti di sinistra, allora, avevano rapporti anche contrastati tra loro ma sempre solidali. Nelle redazioni, all’Ansa per esempio, rappresentavamo quasi sempre il nucleo eticamente e professionalmente più motivato. E il Sindacato, le assemblee erano il luogo in cui si discuteva. Grandi battaglie, quelle, per un giornalismo autonomo, libero, di qualità. Candida, figlia di cotanti genitori, non ne fu estranea.
Giornalista. Una professionalità, come si dice, che trasudava dalla pelle. Candida, sempre come si dice, era cronista di razza, rigorosa, attenta, sempre. Eravamo consapevoli che l’informazione di base, il notiziario quotidiano delle agenzie di stampa, dell’Ansa, rappresentava per una molteplicità di media, specie quelli che non potevano permettersi grandi redazioni, l’unica vera possibilità di raccontare in modo completo il mondo. Eravamo orgogliosi di questa nostra responsabilità, anche se spesso, almeno dai grandi editori e da parte delle istituzioni, assolutamente misconosciuta. Candida, negli anni, divenne capo servizio e poi capo redattore della Cultura e all’ufficio centrale, ruoli che svolse, come sempre, con grande serietà e valore.
Madre amatissima. Di Emilio, anche lui collega in Rai, di Corallina e Olivia. Come facesse a gestire con simile intensità e rigore i ruoli di madre amata e presente, di moglie innamorata e di giornalista fortemente impegnata è un mistero. Ma è un mistero che avvolge una grande maggioranza di nostre compagne, amiche e colleghe (ovviamente non solo giornaliste).
Negli anni in cui mi sono staccato dall’Ansa per fare il sindacalista, più volte ho incontrato, per meglio dire reincontrato Candida. Ho apprezzato il suo impegno sindacale, negli organismi della categoria e poi all’Inpgi dove con Silvia, Paolo e Ignazio l’abbiamo coinvolta nel Consiglio Generale e nella Commissione Alloggi. Compito che svolgeva con il solito ineguagliabile rigore, stimata dai dirigenti e dal personale e dalle colleghe e i colleghi della commissione.
Ecco, me la ricordo così: l’ultima volta che l’ho vista era a casa di Sandro e Bruna per un incontro di saluto per ricordare la mamma. Pizzette, rustici e vino buono. Ero con Silvia Garambois e ci disse che non ce la faceva a continuare a lavorare alla presidenza della commissione. La pregammo di non dimettersi, di attendere che il dolore per la perdita di Bruna si fosse attenuato. Abbiamo compreso stamane che non c’era solo il dolore per Bruna, c’era dell’altro. Qualcosa che Candida ha vissuto fino alla fine nel riserbo, con grande dignità e, come dice la famiglia, con il sorriso sulle labbra. Lo stesso che aveva quando la lasciammo a casa dei Curzi. Ciao Candida.