Il punto sulla crisi delle larghe intese si apprezza meglio, oggi, dal titolo di prima pagina del Giornale. “Super inciucio. Berlusconi venduto al Pd. Alfano molla il cavaliere: anche se decade, Letta va comunque avanti. Epifani molla Renzi: anche se vince le primarie, Letta candidato premier.”
Insomma Sallusti “legge” le interviste della domenica, di Alfano a Maria Latella per Sky, di Letta a Giletti e Domenica In, di Epifani, ancora a Sky, come un accordo (inciucio) per mollare il Cavaliere e mettere il Sindaco in frigorifero. Alfano ha detto: in ogni caso questo non è il tempo di Berlusconi, se non decade sarà interdetto: dunque, risolva i suoi guai e torni a partire dal 2015 ma lasci intanto che noi continuiamo a governare. Letta ha detto: giudicatemi dopo il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, quando, finiranno i tagli, diminuiranno le tasse e torneranno crescita e sviluppo. Nel 2015. Epifani ha detto: quando, forse nel 2015, si potrà di nuovo parlare di voto, Letta potrà candidarsi premier.
La Stampa, “Berlusconi sfida Alfano sul governo. Basta collaborare”. Repubblica, “Berlusconi ad Alfano: finirete come Fini”. Il Fatto del lunedì, “Berliusconi minaccia Alfano. Finirai come Fini”. Con un’intervista all’Huffington Post, Berlusconi infatti subito replicato al suo ex delfino: “Anche fini e altri ebbero 2 settimane di spazio sui giornali. Poi è finita com’è finita”. È tornato il Berlusconi dei (suoi) giorni d’oro. Cercano sempre “di farmi fuori ma gli elettori sono con me”. La sentenza (Mediaset) è “politica e fondata sul nulla”, il voto sulla decadenza sarebbe “l’assassinio politico del leader dei moderati”. Infine il programma per la nuova Forza Italia : “Meno vincoli, meno burocrazia, meno tasse”, meno Stato, meno Europa. Se le parole hanno un senso, un Berlusconi che passa all’opposizione e vuole votare il più presto possibile.
Se fosse tutto vero, la rottura definitiva tra Alfano e Berlusconi si dovrebbe consumare nel corso della prossima settimana, prima del Consiglio Nazionale del PDL chiamato a sancire il ritorno a Forza Italia senza Comunione e Liberazione, né Alfano, né Cicchitto né, forse, Schifani. L’8 dicembre il Pd eleggerebbe un segretario ma non un leader già destinato a guidare le elezioni. Letta otterrebbe l’anno che vuole.
Repubblica. “Tutti contro la legge di stabilità. Sindacati in sciopero, imprese deluse. Epifani: manca l’anima. Alfano privatizzare le spiagge”. Mille emendamenti presentati dal Pd, 800 dal Pdl, altri 1200 dagli altri gruppi. Il governo delle larghe intese è arrivato al mese del giudizio nel peggiore dei modi. Ha tirato a campare, ha espropriato i gruppi parlamentari. Ora dovrà probabilmente ricorrere alla fiducia, che i berlusconiani “lealisti” potrebbero negargli. Anticipando la rottura rispetto al voto del 27 novembre sulla decadenza.
Ieri Benedetta Tobagi ha sfidato i candidati segretari del Pd a pronunciarsi sul futuro della televisione, il conflitto d’interessi e il servizio pubblico. Ha ragione. Tanto più che con un B. di nuovo in sella, lo scontro tornerà a infuriare sul campo che egli predilige: in televisioni e per la televisione. Il ritardo del Pd è spaventoso. Proverò, nei prossimi giorni, a dare un contributo.
Dall’altra parte del mondo, un tifone più cattivo degli altri si è preso oltre 10mila vite, l’anima delle loro famiglie e di un intero paese. I titoli parlano di “catastrofe” e di “devastazione”. Il presidente delle Filippine, Aquino, ha riunito il governo prima che il tifone arrivasse. Per fare qualcosa. Non è riuscito a far niente, non sa ora come pianificare i soccorsi, come portare acqua e cibo a chi si aggira come uno zombie, in che modo fermare le bande di predoni e riportare la legge. Per 200 anni abbiamo costruito una torre altissima senza preoccuparci delle fondamenta.