E come se si fornisse benzina più a buon mercato, senza riparare la macchina che la deve usare. E’ questa la sensazione di fronte al ritocco in basso del costo del denaro operato dalla BCE, che lo ha portato al tasso dello 0,25%. Arriverà questo minor costo della liquidità come beneficio per imprese o famiglie italiane?
Non molto, dicono gli esperti e non subito, fanno presagire le banche.
Perché lo spesso diaframma che separa banche e bisogno di credito si chiama garanzia.
Tutti gli operatori del credito vogliono certezza di restituzione cioè rischi bassi d’insolvenza.
E qui finisce il loro ruolo, perché qui finiscono le leggi del mercato
Se vogliamo andare oltre, cioè verso i veri bisogni di imprese e famiglie, ci vuole la politica.
Cioè decisioni che diano regole e limiti al vantaggio privato, per destinare risorse ai bisogni pubblici..
L’uso sociale del credito sta diventando un punto cruciale delle politiche di coesione nazionali ed europee e presupposto di qualsiasi piano di ripresa economica.
Purtroppo, la timidezza della politica nazionale nel rivendicare la propria autorità su questo tema è uno dei maggiori fattori di diseguaglianza, perché il mercato porta ulteriore denaro a chi già ce l’ha e ne priva chi ne ha bisogno per la primaria esigenza di tenere in piedi l’azienda o far fronte ad emergenze per la famiglia.
Non solo. Ci sono anche disparità nelle garanzie richieste.
Al piccolo imprenditore le banche chiedono chiedono garanzie reali (l’appartamento), mentre per lo speculatore “ammanicato” bastano le garanzie di relazione (la conoscenza dei potenti giusti). Salvo poi scoprire, che sono sempre quest’ultimi a creare gli ammanchi più rilevanti.
E i politici lasciano fare, perché non ci rappresentano più.
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