Tra voglia di capitalizzare e difesa del presidio di legalità, sul tema della vendita sul mercato dei beni sottratti ai boss si consuma lo scontro tra l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e la magistratura e la società civile. Il dibattito è al centro del numero di questa settimana di ASud’Europa, settimanale del Centro Pio La Torre di Palermo con reportage, panoramica delle confische in Italia e interviste a Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Silvana Saguto, presidente della Sezione prevenzione del Tribunale di Palermo e Domenico Gozzo, pm della Dda di Caltanissetta.
Se il prefetto Caruso ritiene “un falso problema la vendita dei beni confiscati”. “Ammesso e non concesso che attraverso un prestanome il mafioso sia talmente furbo da rientrare in possesso del bene penso che le forze dell’ordine e la magistratura siano talmente professionali e talmente allenate da risequestrare il bene. È un falso problema quindi”. Di parere opposto la dottoressa Saguto che evidenzia come “il rischio di vendita dei beni sia da scongiurare. Invece che pensare alla vendita generalizzata dei beni confiscati occorre mettere in campo buona volontà ed efficienza per assegnare quei beni ad enti, associazioni per il riutilizzo sociale ed evitare che possano tornare nelle disposizioni della mafia vanificando quanto di buono è stato compiuto da forze dell’ordine e magistratura”. Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero di Domenico Gozzo: “Le possibili riacquisizioni di patrimoni mafiosi sono più facili di quanto si pensi, e poi riacquisire questi patrimoni nuovamente illeciti al patrimonio dello Stato non è così semplice come viene detto. Una volta che la confisca è avvenuta, occorre fare in modo, con ogni mezzo, che i beni non tornino ai mafiosi”.
“Se non si vuole passare per un Paese a prevalente economia mafiosa – è l’opinione di Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre – occorre introdurre delle modifiche all’orientamento del governo: Cancellare ogni rapporto tra mafia affari e politica; assicurare un iter parlamentare spedito al disegno di legge d’iniziativa popolare, promosso dalla CGIL e sostenuto dal movimento antimafia, incardinato nella commissione giustizia della Camera per difendere il lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate garantendo la prosecuzione della loro attività nella legalità; adeguare il 416 bis per perseguire i crimini finanziari; introdurre il reato di voto scambio regolato dal 416 ter anche per altre utilità e non solo per denaro.