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Amica e ministra. Caffè di domenica 3 novembre

“Dimettermi?  Neanche per sogno”,  Repubblica. “Orgoglio Cancellieri: libera e umana”, Il Giornale. “Letta, fiducia alla Cancellieri”, dice la Stampa e il Fatto, con diversi accenti, conferma: “Letta jr. pronto a salvare la ministra dei Ligresti”. Infine il Corriere: “Non mi dimetto, lo rifarei”.

In un’intervista a Repubblica, Annamaria Cancellieri sostiene di non aver in alcun modo favorito la detenuta Giulia Ligresti, di essere intervenuta in molti altri casi, analoghi dopo semplici segnalazioni da parte di sconosciuti per lettera o alla sua mail. Annamaria rivendica di non aver mai esercitato pressioni sull’amministrazione penitenziaria, né interferito con l’attività della magistratura. Quanto a quel caso particolare, Giulia Ligresti poteva morire, dice, e lavarsene le mani sarebbe stata un’omissione. La ministra si ritiene funzionario integerrimo, perciò  non si dimetterà se non le spiegheranno perché.

Luigi Manconi la difende a spada tratta, Ilaria Cucchi dice che se fosse stata lei ministra suo fratello non sarebbe morto, Pannella e Avvenire denunciano un linciaggio ingiusto contro di lei. Ora Pannella, Manconi, Cucchi, i redattori di Avvenire conoscono la vergogna del carcere non per sentito dire. Si sono occupati dei suicidi come delle morti per incuria, abbandono, maltrattamenti.  La loro testimonianza pro Cancellieri merita di essere presa in seria considerazione.

Tuttavia c’è un altro aspetto della vicenda che va chiarito. Perché Annamaria Cancellieri sente il bisogno, dopo un lungo silenzio, di telefonare alla signora Fragni, moglie di Salvatore Ligresti, proprio nel giorno in cui i Ligresti finiscono in carcere? Perché si sente in dovere di dire all’amica in lacrime, “farò tutto quello che posso”? Due interviste, quella già citata del ministro a Liana Milella e un’altra del Corriere al figlio, offrono una chiave interpretativa.

Piergiorgio Peluso nel 2011 lascia da Unicredit e approda a Fonsai. Certo la frequentazione familiare con i Ligresti non lo ostacola. In Fonsai, però, entra presto in rotta di collisione con la “famiglia”, che fra l’altro costa all’azienda un centinaio di milioni l’anno proprio mentre serve liquidità. Il manager rende pubblico il suo dissenso e lascia, non senza aver incassato 3 milioni e 600 mila euro di liquidazioni per soli 14 mesi di lavoro. I Ligresti lo accusano di aver tradito, e la mamma di detto traditore, ormai ministro, evita per molto tempo di chiamare l’amica. Quando poi l’intera famiglia Ligresti finisce in carcere, Annamaria si sente in dovere di fare quella telefonata per esprimere solidarietà “umana”. “Farò tutto quello che posso” sarebbe solo una formula di generico sostegno. Ma le condizioni di Giulia,  anoressica, peggiorano. La Fragni attiva il fratello di Salvatore Ligresti, Antonino, che è medico e da sempre amico della Cancellieri. Costui telefona alla ministra, la quale attiva (come avrebbe fatto, spiega, con ogni altro detenuto) i vice direttori del dipartimento carcerario.

Avremmo dunque due Cancellieri, il funzionario integerrimo e l’amica dei Ligresti. Il primo non merita, probabilmente, la mozione di sfiducia che sarà discussa in Parlamento, ma la seconda qualche problema politico lo pone. Le intercettazioni svelano, infatti, una consuetudine indigesta del ministro con una nota famiglia di imprenditori, di finanzieri e corruttori di politici. Mostrano un’assuefazione al privilegio (la liquidazione milionaria corrisposta al figlio, le pare normale). Scoprono l’imbarazzo del funzionario e, forse, il senso di colpa della madre, quando parenti di amici finiscono in carcere.  Tutte cose che non potranno essere taciute nel confronto in Parlamento.

Voglio dire, Annamaria Cancellieri sarà migliore di tanti altri, ma l’anomalia dell’Italia, il vero spread con i paesi di democrazia liberale ed economia avanzata, si rivela in questa commistione incestuosa d’interessi, frequentazioni e poteri. A tutto ciò la ministra non può dirsi estranea. Ed ecco la tragedia. Napolitano ha scelto Monti, Cancellieri, Fornero, Di Paola e Terzi di Santagata (gli ultimi due sono quelli dei Marò!) per salvare l’Italia dopo il crack di Berlusconi ma senza consegnarla a una sinistra che Egli riteneva, forse a ragione, inadeguata.  Purtroppo tutta questa gente non è entrata in sintonia col paese perché viveva in mondo separato, fatto di liquidazioni astronomiche, di frequentazioni spregiudicate, di amicizie e di cordate. Una classe dirigente permeata da quello stesso conflitto d’interesse di cui Berlusconi è stato alfiere e principale beneficiario.

Si capisce perché Letta e Napolitano non potranno che difendere Annamaria Cancellieri. Si capisce pure perché Scalfari, nella sua messa domenicale, accomuni Grillo a Berlusconi e chieda ai lettori di portare pazienza, in nome dell’Europa. Però, così proseguendo, il sentire comune si separerà sempre di più dalla politica. Il governo degli ottimati apparirà luogo del conflitto d’interessi. L’Europa diverrà sempre meno popolare e alla fine crollerà per mancanza di consenso.

Sogno un ministro che non frequenti la famiglia Ligresti. Un giuslavorista o un sociologo che passi mesi tra i lavoratori prima di proporre una riforma delle pensioni o del mercato del lavoro. Sogno un presidente del Consiglio che, letto l’articolo sul Corriere, “Per i militari italiani scivolo d’oro in 10 anni”, fermi tutto e conceda di andare in pensione prima dello scadere del tempo alla mamma di un ragazzo autistico. Lo scivolo per i papaveri dell’esercito, sì. A quella signora, che si carica lei per noi di un problema sociale, la ministra Fornero ha detto no.

da corradinomineo.it


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