Il Medio Oriente non è irrilevante nella ricostruzione dell’impero russo. E presentare Mosca come la Terza Roma è un tassello centrale nell’agenda di Putin.
di Riccardo Cristiano
Il XIX secolo procedeva a passi veloci quando un autorevole suddito dello zar Alessandro II, Vasili Nikolavich Khitrov, si recò per la prima volta in visita a Gerusalemme. E quello che scoprì non gli piacque proprio. Le comunità protestanti e cattoliche andavano a vele spiegate, con aiuti economici ingenti da Francia e Gran Bretagna. Per gli ortodossi invece la vita era grama e lo stesso patriarcato era in stato di abbandono.
Nacque così la Società Ortodossa per la Palestina. Una struttura a cavallo tra il politico e l’ecclesiastico che allo zar diede grandi soddisfazioni e non solo per la costruzione della Chiesa di Maria Maddalena a Gerusalemme, nel 1988. Lo zar Alessandro infatti capì, seguendo la lucida intuizione di suo fratello Sergei, che quello era il modo migliore per rappresentare gli interessi della corona in Medio Oriente. Tanto che di lì a breve cambiò nome, divenendo la “Società Imperiale Ortodossa per la Palestina”.
Da quel momento in poi il suo Presidente venne nominato dallo zar in persona, come anche i due rappresentanti nel suo vertice del Ministero degli Affari Esteri e del Santo Sinodo (russo). I membri onorari della Società Imperiale divennero ben 100, tra i quali ovviamente figuravano i più accaniti sostenitori del nazionalismo slavo. E il budget? Schizzò da 300mila rubli a 995mila.
Che la Società Imperiale Ortodossa per la Palestina fosse ormai un braccio politico che inglobava quello religioso nei disegni dello zar era chiaro. Per dirla meglio valga ciò che ha scritto Paul Delpaissan: “una struttura politica ammantata di religioso.” Per fare cosa? Per rafforzare il peso politico di Mosca a Gerusalemme e nei patriarcati di Antiochia, scalzando le potenze europee. L’idea zarista di Mosca quale Terza Roma, capitale della cristianità dopo le sconfitte di Roma e Costantinopoli, non è certo ignota. E la Terza Roma aveva bisogno di peso nel Medio Oriente e sui cristiani d’Oriente, a cominciare da Gerusalemme ovviamente. Un’idea che non piacque al clero greco ortodosso che governava gran parte delle chiese ortodosse dell’Oriente, che la etichettò come un’opzione “panslavista”.
Oggi, proprio in queste ore, la Società Imperiale Ortodossa per la Palestina, torna in Medio Oriente. In particolare a Beirut e Damasco. Rilanciata con nome e cognomi propri da Putin (cessò ovviamente di esistere nel 1917) , la Società Imperiale già da tempo invia cospicui aiuti a Damasco, per popolazioni cristiane. “Noi intendiamo aiutare la popolazione siriana, e soprattutto quella ortodossa”, ha dichiarato non tanto tempo fa il ministro degli esteri russo, Primakov.
E così ecco che in questi giorni, a Saydnaya, ad appena 27 chilometri da Damasco, è stata inaugurata una gigantesca statua di Gesù, realizzata insieme all’Accademia Teologica di Mosca. “Sarà un segno delle speranze di tutti i cristiani di Siria”, ha dichiarato all’agenzia Interfax il curatore del progetto. Il tono da rappresentante della Terza Roma sembra chiaro. “Non è un caso che l’abbiamo inaugurata in occasione della festa ortodossa dell’Intercessione”, ha aggiunto il rappresentante del Patriarcato Moscovita.
Con una certa, invero sospetta, fierezza, è stato fatto notare nella circostanza che 50mila cristiani siriani hanno chiesto la cittadinanza russa. E siccome tra i due paesi vige un accordo per la doppia cittadinanza, per il ministero degli esteri russo ha aggiunto che le prospettive sono ottime, “anche perché i cristiani siriani temono i terroristi sponsorizzati dall’Occidente”, cioè da quel mondo che gravita attorno alla Prima Roma, quella del papa.
Ora i rappresentanti della Società Imperiale Ortodossa per la Palestina arrivano a Beirut, dove i toni non certo filo-occidentali delle gerarchie ecclesiastiche crescono sempre di più. Da quanto il rappresentante del Catholic Media Center di Beirut ritenne di andare a Teheran in occasione di un incontro sull’intifada con Khamaney, il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, e il leader di Hamas, Khaled Meshall, proprio mentre all’Onu Abu Mazen proponeva di archiviare l’Intifada con il riconoscimento dello Stato Palestinese in pace con Israele, molti ecclesiastici delle chiese orientali hanno manifestato un sempre più marcato allontanamento dall’ Occidente, e una preferenza per la politica del blocco russo-persiano.
Ora questa opzione sembra tingersi anche di risentimenti verso la Prima Roma. Perché la recente condanna di un religioso libanese per pedofilia da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, riflette un noto accademico libanese, è presentata tramite l’autodifesa del religioso in questione dalla televisione dei vescovi cattolici libanesi? Forse ciò è percepito come una sorta di umiliazione o attacco alle chiese locali invece che la punizione di un singolo religioso? Significativo.
I 50mila cristiani che chiedono aiuto, protezione, alla “Terza Roma”, sembrano proprio fare al caso di Putin. Non sarà un caso che mentre i lavori di costruzione della statuta del Cristo di Saydnaya venivano completati gli esponenti delle delegazioni russe avevano il modo di denunciare la distruzione di chiese da parte degli insorti, ma non l’assedio medievale, a pochi chilometri da loro, di interi quartieri di insorti alle porte di Damasco, dove il blocco deciso del governo all’accesso di ogni derrata alimentare finché non si arrenderanno sta causando la morte per fame di molti cittadini. A partire dai bambini ovviamente.