Il partito della privatizzazione della Rai è tornato allo scoperto ma per molti di noi non è affatto una sorpresa. Quello che sta accadendo dentro e attorno alla Rai va da lungo tempo in quella direzione. Quello che ci deve preoccupare di più –sono pienamente d’accordo con Renato Parascandalo- è la mancanza di una reazione civile, pubblica, popolare.
La Rai è un bene comune di cui molti hanno perso la stima. Se in pochi si alzano per difenderla è perché si è persa la consapevolezza del valore inestimabile che ha questo bene pubblico. O forse dovremmo dire che si è persa la speranza di vederla cambiata, bella, utile, interessante, appassionante.
Mi ha colpito il modo in cui Papa Francesco ha parlato della televisione, dei giornali e dei telegiornali quanto il 4 ottobre scorso è venuto in visita ad Assisi. Non c’è stato discorso in cui non ci sia stato un cenno critico al mondo dei media. “Queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate! (…) Forse non tanto sui giornali, come notizie; quello è un ascolto che dura uno, due, tre giorni, poi viene un altro, un altro…”. “In questi giorni, sui giornali, sui mezzi di comunicazione, si facevano fantasie.” “Quando nei media si parla della Chiesa, credono che la Chiesa siano i preti, le suore, i Vescovi, i Cardinali e il Papa.” “Ma tu, che testimonianza gli hai dato? Come gli hai parlato? Della Parola di Dio o della parola del telegiornale?” “Basterebbe guardare certi programmi televisivi e si vedono questi valori! ”. I temi toccati dal Papa erano naturalmente altri, ma mi ha colpito questo suo continuo invito a prendere le distanze da un mondo sordo, superficiale, strumentale, incapace di raccontare la realtà delle cose, inquinante e pericoloso.
Che ci piaccia o meno, la Rai è parte di questo mondo da cui molti hanno preso le distanze. Sapere che è profondamente malata non ci consente però di buttarla via. O di lasciare che qualcuno ce la tolga. Ma per impedire che ci accada anche questo non bastano più manifestazioni occasionali e men che meno autoreferenziali. Gli operatori dell’informazione più consapevoli e sensibili hanno un grande ruolo da svolgere ma il problema è troppo importante e la situazione è troppo grave per essere affrontata dai soli addetti ai lavori.
Il lavoro che abbiamo fatto sin qui, anche e soprattutto grazie alla rete di Articolo 21, è stato prezioso ma ora c’è bisogno di un nuovo progetto, di nuovi percorsi capaci di suscitare l’attenzione e la mobilitazione diretta dei cittadini, a partire dai luoghi dove vivono e operano. Al centro ci deve essere il discorso sui contenuti, sugli obiettivi, sulla qualità, sull’inclusività, sul pluralismo, sull’utilità del servizio pubblico radiotelevisivo.
Il percorso pensato per le scuole in vista del rinnovo della concessione è un’ottima idea che non deve essere lasciata cadere. Ma altri se ne dovranno studiare e realizzare unendo tutte le forze realmente disponibili. Non basta più mettere una firma su un documento o un appello. Bisognerà essere pronti ad attraversare pazientemente il paese, andando di città in città, per ricostruire una prospettiva credibile. Per la Rai, l’informazione e per la democrazia del nostro paese. Per questo l’incontro di Assisi del 13, 14 e 15 dicembre è importante. Prepariamolo bene. Facciamo in modo che, nonostante l’inverno, porti buoni frutti. Noi ci siamo e ci saremo.
* Comitato promotore Marcia PerugiAssisi