Nei giorni scorsi, esattamente martedì 22 ottobre, a Roma, nel salone della Fondazione Basso, il sindaco di Kafar Qaddum, una cittadina della Cisgiordania occupata, Samir Shtaiwi e Murad Shataiwi, coordinatore federale dei Comitati Popolari di Resistenza non violenta, hanno presentato testimonianze visive ed orali della efferatezza della occupazione israeliana. E’ stata l’ennesima occasione per rendersi conto che ci sono delle parole, delle espressioni su cui aprire una profonda discussione, perché propongono grandi falsità dietro cui si nascondono grandi nefandezze.
Una è: sicurezza.
Nel suo nome, si blindano da per tutto i palazzi del potere; si alzano frontiere trasformando il Mediterraneo in una fossa comune; si rinchiudono nei CIE coloro che scampano alle insidie del mare ma non a quelle della Legge Bossi Fini; si ghettizzano i Rom dentro i cd campi nomadi e li si espelle dal’Europa; si cinge d’assedio Gaza e si dissemina la Cisgiordania di checkpoint; si costruiscono muri in Palestina ed al confine degli USA con il Messico. Nel suo nome insomma si calpestano diritti e si conculca la libertà di singoli, di intere classi sociali e di popoli interi.Ma sicurezza da che? Dalle rivendicazioni di chi è oppresso, dalle richieste di giustizia di chi patisce ingiustizia, dalla ribellione di chi non accetta di farsi sottomettere.
E sicurezza per chi? Per chi intende esercitare il proprio dominio sugli altri. Per nominarli ci sono nomi diversi. Possiamo chiamarli imperialismo, oppure sionismo, razzismo, colonialismo, ovvero liberismo, o anche poteri forti. Non sono la stessa cosa, ma tra loro sono tutti alleati. Per questo la lotta contro uno di essi è la lotta contro tutti e di conseguenza c’è una solidarietà oggettiva tra tutte le lotte di liberazione. E la sconfitta di una è sconfitta di tutte, come la vittoria di una è un successo anche per le altre.
Tutte le resistenze e le lotte di liberazione, come quella del Popolo Palestinese non sono questioni che riguardino solo i diretti protagonisti, ma sono d’interesse anche nostro, come è interesse anche loro che nel nostro paese non abbiano il sopravvento l’ondata neoliberista e le derive autoritarie che ci minacciano.
Una seconda è: unica democrazia del Medio Oriente.
Se nella opinione pubblica internazionale si radicasse il convincimento che uno Stato che si dichiara confessionale, che conduce una politica razzista e coloniale, che infrange come prassi abituale le norme del diritto internazionale e viola sistematicamente i diritti umani sia nondimeno uno stato democratico, il concetto di democrazia si svuoterebbe e si snaturerebbe definitivamente, si ridurrebbe a mera tecnica elettorale per la nomina dei vertici delle istituzioni. Ed allora la Democrazia correrebbe gravi pericoli in ogni paese e le derive autoritarie, funzionali al liberismo, avrebbero buon gioco ovunque.
E’ interesse quindi anche nostro smascherare il trucco, svelare la vera natura dello stato israeliano, rendere palese che i suoi governi come le sue politiche sono al di fuori della legalità internazionale e contraddicono la stessa Dichiarazione del 14 Maggio 1948 che prometteva al mondo: <lo Stato d’Israele sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite>.
Altro che unica democrazia del Medio Oriente! Israele è uno stato fellone che ha a tradito la sua stessa carta fondativa. Quanto alla sua fedeltà ai principi delle Nazioni Unite, essa è testimoniata dalle 87 Risoluzioni di condanna pronunciate a suo carico dalle Nazioni Unite.
Una terza è: Terra Promessa
Il mito della terra promessa, frutto di una arcaica interpretazione della Bibbia pedissequamente letterale ed incurante dei progressi dell’ermeneutica, è posto a fondamento del sionismo e delle politiche razziste e colonialiste dello stato israeliano. Esso contraddice e deturpa gli stessi valori dell’ebraismo per cui lo avversano persino importanti scuole rabbiniche. Vi sono addirittura rabbini che pubblicamente dichiarano: <Noi preghiamo Dio ogni singolo giorno per un veloce e pacifico smantellamento dello Stato d’Israele>.
Al di là delle preghiere, si può concorrere allo smantellamento pacifico dello stato israeliano smascherando la falsità del mito sionista e quanto esso contraddica i valori essenziali dell’ebraismo che sono valori di giustizia, di pace e di liberazione. Ancora una volta il tema è di comune interesse: non c’è un terra promessa per Israele, come non c’è per alcuno. O la Terra è di tutti o ognuno si barricherà entro i propri confini ed ogni paese sarà una fortezza assediata. Lo sarà l’Italia, lo sarà l’Europa, lo saranno gli Stati Uniti. Si tratta di malaugurate tendenze che sono in atto e non hanno altra prospettiva che catastrofiche guerre. Dobbiamo sconfiggerle.
Un’altra è: road map.
Dietro di essa Israele si nasconde con la complicità degli Usa per continuare ad impadronirsi della terra palestinese e spargere venti di guerra. Lo dimostra la venuta a Roma di Netanyauh che proprio mentre alla Fondazione Basso si discuteva di questi temi, passava in rassegna il picchetto d’onore nel cortile di Palazzo Chigi e stringeva la mano al primo ministro Letta, in attesa di incontrare Kerry il giorno dopo nel tentativo di i dissuadere gli USA a cogliere l’apertura al dialogo dell’Iran.Perché Israele non persegue la pace ma la conquista dell’intera Palestina e l’espulsione dei suoi abitanti che non siano di religione ebraica. Guarda perciò con diffidenza e timore non solo i paesi arabi che avversano il suo progetto, ma anche i movimenti che vi si oppongono in Occidente e persino gli intellettuali, come dimostrano le pressioni esercitate dall’ambasciatore israeliano sul rettore dell’Università di Torino, tali da indurlo ad annullare la prenotazione per il 25 ottobre dell’aula destinata all’incontro il filosofo Gianni Vattimo e il professore del Politecnico Massimo Zucchetti., promosso dal Comitato Mai complici di Israele, in vista del quarto incontro bilaterale Italia Israele in cui, come ha dichiarato Enrico Letta, ci si propone di < di finalizzare accordi già in essere sulle università e sulle questioni relative alla tecnologia e all’energia>, cioè luogo le forniture di armi italiane, di cui Israele è il maggiore acquirente (consegne nel 2012 per 2.979.152.817 euro), e protocolli di collaborazione nel campo delle tecnologie a partire da quelle della “sicurezze elettronica” di cui si è già discusso nel seminario Cyber War Fare tenutosi a Roma alla Facoltà di Fisica della Sapienza il 19 giugno scorso, oltre che intese per scambi di prodotti, compresi quelli realizzati negli insediamenti israeliani in Palestina e pertanto illegali.
Mi fermo qui.
Si tratta insomma di proseguire una lotta sul piano culturale e della controinformazione che insieme alla Campagna per il Boicottaggio il Disinvestimento e le Sanzioni ha l’obiettivo, svelando il vero volto di Israele, di isolarlo nel consesso internazionale. Obiettivo ambizioso ma non velleitario. Ricordate quale era la parola d’ordine ai tempi della guerra del Vietnam? Dieci, cento, mille Vietnam! Bene: dieci, cento mille un milione di agenti di controinformazione e di boicottaggio e lo smantellamento dell’impianto sionista dello stato israeliano avverrà. Magari non velocemente, ma avverrà . Il contributo è questo, modesto ma concreto, che come Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese siamo impegnati a dare, a supporto della vostra lotta di liberazione, che come dicevo all’inizio è anche nostra.
In questa ottica stiamo organizzando in questi giorni una campagna di controinformazione per rivelare di cosa tratteranno Netaniauh e Letta il 2 dicembre a Torino nel vertice bilaterale. Tratteranno di forniture di armi italiane ad Israele e di collaborazione tra i due paesi nel campo delle tecnologie di sicurezza. Vogliamo svelarlo, per denunciare la complicità dell’Italia con il governo israeliano e protestare perché noi complici del sionismo non intendiamo esserlo.