Il 16 ottobre di 70 anni fa 1259 ebrei romani,207 erano bambini,furono rastrellati della Gestapo al Portico d’Ottavia. Degli oltre 1000 deportati, sul treno blindato, solo in 16 torneranno da Auschwitz. Qui a Roma la chiamano “infamia”. I Tedeschi prima chiesero l’oro alla comunità ebraica, 50 chili ne ottennero, poi si presero la memoria e gli archivi, infine donne, bambini, uomini per la soluzione finale. Sarebbe vano e sbagliato chiedere vendetta per aguzzini e traditori, ma la memoria è un dovere. E la memoria racconta dei mesi che seguirono quel rastrellamento, con la paura e le denunce del compagno di banco, le fotografie lacerate per cancellare chi prima avevi amato ma di cui ora non osavi più pronunciare il nome. La memoria ricorda che l’azione partigiana, condotta in via Rasella contro il Polizei Regiment Bozen, venne solo 5 mesi dopo ed era una legittima azione di guerra. I tedeschi aggiunsero infamia a infamia, con le Fosse Ardeatine. 335 italiani, una lunga lista di nomi, scritti dalla mano di Priebke, uomini e donne ammazzati in fretta, il loro corpi coperti dai rifiuti.