Questa notte, all’Ospedale Madina di Mogadiscio, è morto Mohamed Mohamud “Tima Cade” (Testa Bionda), giornalista di Universal TV, ferito tre giorni fa in un agguato nella capitale somala. E’ il diciannovesimo giornalista ucciso negli ultimi mesi. Una strage di uomini e di libertà sotto gli occhi di un Occidente, che riceve i suoi governanti nelle sue sedi migliori, promettendo loro aiuti e sostegno, senza preoccuparsi della direzione in cui stanno andando la ricostruzione e la riconciliazione nel Paese. Episodi gravissimi, però, stanno indicando con una chiarezza qual è la vera direzione.
L’assalto e la chiusura di due radio. Ieri mattina alle 11,30, per ordine del Ministro dell’interno Abdikarim Hussein Guled, cento uomini della polizia politica della Somalia hanno compiuto un raid brutale nella sede di Radio Shabelle malmenando tutti i presenti, fra cui diverse donne, e arrestando trentasei giornalisti su sessantotto costringendo così, di fatto, l’interruzione delle trasmissioni. Con una sola irruzione, peraltro, la polizia politica di Mogadiscio ha determinato anche la chiusura di Sky FM Radio, emittente gemella di Radio Shabelle, che aveva sede nello stesso stabile. Anche l’editore di entrambe le stazioni radio, Abdi Malik Yusuf Mohamud, è stato arrestato. Tutti gli strumenti, incluso l’archivio radiofonico ed il server delle trasmissioni, sono stati prelevati. Perfino la cassaforte, con trecentosettanta dollari, è stata svuotata.
L’accusa: “Occupavano sedi ministeriali”. Motivo ufficiale dell’incursione è stata la liberazione della sede che Radio Shabelle e Sky FM Radio occupavano in un edificio vicino all’aeroporto e di proprietà del Ministero dei trasporti, a suo tempo sede della Somalia Air Lines. Il Governo aveva intimato il rilascio dell’immobile assegnando il termine ultimativo di cinque giorni, che erano scaduti l’altro ieri. Ma da Radio Shabelle avevano risposto di essersi stabiliti nell’immobile sin dal 2010, così come moltissimi altri avevano occupato immobili abbandonati, e di aver poi raggiunto un accordo nel 2012 con il governo di transizione di Sheikh Sharif Ahmed in cui, a fronte di una durata del rapporto sino al 2015, assumevano l’obbligo di ristrutturare il fabbricato con investimenti rapportati ad un canone di 1.200 dollari al mese.
Uccisi 19 giornalisti negli ultimi mesi. In forza di questo accordo i giornalisti di Radio Shabelle avevano già speso ben 45.545 dollari per adattare l’immobile non solo alle migliori trasmissioni radiofoniche e via Internet, ma anche quale ricovero abitativo dei giornalisti. Negli ultimi mesi, infatti, ben diciannove giornalisti sono stati uccisi in Somalia e undici di questi appartenevano a Radio Shabelle, spesso aggrediti nel tragitto casa-lavoro.
Non si è mai aperto un solo processo a carico degli assassini, né si sono mai avute notizie sugli sviluppi delle indagini.
Una voce scomoda. Tanto basta a sottolineare quanto scomodo fosse il giornalismo di Radio Shabelle, che si era procurata nemici fra gli Al Shabaab, al tempo in cui governavano ancora a Mogadiscio e nella Somalia centromeridionale, così come fra i componenti del governo di oggi. Un giornalismo aggressivo e di denuncia, il loro, contro tutte le corruzioni, le malversazioni e le violazioni dei diritti umani, Radio Shabelle e Sky FM Radio avevano conquistato un vasto pubblico, stimato in oltre un milione di ascolti al giorno, su una popolazione complessiva di circa sette milioni. Radio Shabelle era sicuramente la voce più ascoltata da laici, moderati e liberali. Anche per la stampa internazionale, Radio Shabelle e Sky FM Radio erano fonte tra le più lucide per conoscere gli sviluppi della situazione politica in Somalia.
I richiami a Siad Barre che danno fastidio. Ricorrendo lo scorso 21 ottobre il 44° anniversario della rivoluzione con la quale Siad Barre aveva preso il potere in Somalia, rimanendo in carica sino al 1991, il sito Internet di Radio Shabelle aveva pubblicato un filmato montando, una dietro l’altra, le tante cerimonie in cui l’ex dittatore inaugurava scuole, teatri, biblioteche, musei e palazzi tra una folla osannante in una Mogadiscio ancora da fiaba, con strade larghe e pulite, percorse da grandi auto con sullo sfondo caseggiati bianchissimi dalle ricche architetture, che spiccavano tra il verde degli alberi e l’azzurro del mare. Una esplicita allusione a ciò che la Somalia è stata, a beneficio di quella generazione che ha conosciuto solo la guerra, le bombe e le privazioni in un panorama urbano di distruzione e desolazione.
La scusa dei locali occupati non regge. Difficile credere che l’aggressione armata di ieri mattina alla sede di Radio Shabelle e di Sky FM Radio sia estranea la linea politica di denuncia adottata dalle due emittenti radiofoniche: troppo breve il periodo assegnato per il rilascio del fabbricato; troppo brutale il comportamento tenuto dalla polizia; troppo illegittima l’appropriazione dei macchinari necessari alle trasmissioni e della cassaforte. In serata, infatti, i giornalisti e l’editore sono stati rilasciati, ma i macchinari sono ancora trattenuti. I giornalisti, sapendo che le loro vite sono in pericolo, avevano chiesto di rimanere in carcere, ma le forze di sicurezza hanno loro intimato di uscire di prigione ed ora sono ricoverati in un albergo di Mogadiscio, dove stanno ricevendo la solidarietà di tutta la stampa internazionale.
La testimonianza telefonica dell’editore. Da noi raggiunto per telefono, l’editore Abdi Malik Yusuf Mohamud ha denunciato che tutti gli occupanti sono stati cacciati dalla sede di Radio Shabelle e Sky FM Radio, loro casa oltre che luogo di lavoro, con una maglietta, un pantalone e un paio di scarpe. E invoca giustizia ed il risarcimento dei danni subiti con l’immediato ripristino della situazione precedente per riprendere le trasmissioni.
L’ala scissionista dei Fratelli Musulmani che punta al potere. Si levano voci che attribuiscono la responsabilità dell’accaduto al movimento Damul Jadid (Sangue Nuovo), un’ala scissionista dei Fratelli Mussulmani, che circonda il Presidente Mohamud e infiltra pesantemente il Gabinetto del Primo Ministro Shirdon. Damul Jadid, mirerebbe ad assumere il controllo assoluto della Somalia e un imminente rimpasto del Governo, di cui, in effetti, da un po’ di tempo si parla, sarebbe imminente e andrebbe proprio in questa direzione. La Somalia, accettando il sostegno della comunità internazionale, ha promesso di adottare un regime democratico, mentre quella di ieri è la peggiore delle pagine che potesse essere scritta sotto la dettatura e la dittatura di un movimento religioso, che già in Egitto ha mostrato la sua incapacità politica.
Le garanzie che il nuovo presidente deve dare. La comunità internazionale deve mettere la Somalia di Hassan Sheikh Mohamud di fronte alla responsabilità delle sue scelte: se Mohamud ritiene che nella sua Somalia si possano pretestuosamente chiudere gli organi di stampa con le modalità con le quali ieri si è intervenuti a Radio Shabelle e Sky FM Radio, deve sapere che non avrà più il sostegno della comunità internazionale e dovrà assumersi il rischio di veder ripiombare la Somalia nel medio evo dal quale prova faticosamente ad uscire. La strada per rientrare nella comunità delle nazioni è certamente lunga e tortuosa, ma azioni come quella di ieri mattina rischiano di farla perdere irrimediabilmente. Almeno per questa compagine governativa.