Caro Beppe,
le tue sacrosante battaglie in nome della trasparenza e del rispetto della verità dei fatti e delle opinioni altrui non possono non trovarci tutti d’accordo.
Ma chi predica bene dovrebbe anche razzolare di conseguenza. Invece a volte inciampa proprio là dove sta indicando esistere un cancro da estirpare.
Nella tua, vostra incursione al palazzo di Viale Mazzini qualche giorno fa, la sensazione è che più della volontà di sostenere il Servizio pubblico radiotelevisivo di Stato a risollevarsi da decenni di indecente e personalistica gestione di ogni anfratto dell’azienda, l’intento fosse quello di inscenare un teatrino a favore delle telecamere e dei giornalisti presenti. Come dire: tanto fumo e niente arrosto. Ma la cosa che ci preme di più, e te lo dico con umiltà e rispetto da dipendente Rai e da sindacalista dell’azienda, è un’altra. Il rispetto della dignità di chi lavora con abnegazione e per un pugno di euro, non certo di una classe dirigenziale che dovrebbe almeno per il 40 per cento fare un rapido mea culpa e passare il testimone a chi meglio preparato e più rispettoso delle regole e del buon senso.
Tu sei arrivato ai cancelli della nostra azienda (anche tua, se paghi il canone) con il presidente della Vigilanza e uno stuolo di vispi giovinetti, cittadini parlamentari 5 stelle. Sei arrivato arringando e chiedendo le dimissioni di mezza Rai: direttori di tigì, presidenza, direzione generale. Accampando, e qui non do giudizi e non entro nel merito (semmai lo possiamo fare in una assemblea pubblica, magari in streaming, con noi dipendenti Rai che ho già proposto a Fico), un uso strumentale e a dir poco fazioso dell’informazione di tigì e trasmissioni di rete. Ma ti sei comportato nello stesso modo con chi ti aveva mosso solo alcuni rilievi critici cercando una convergenza invece su temi condivisi. Il Minculpop di #occupyRai ha montato un filmatino, che ha già decine e decine di migliaia di visualizzazioni in rete, dove le mie parole, accorate ma decise e senza veli, sono state totalmente oscurate lasciando invece intendere altro.
La critica, caro Beppe, se mossa onestamente e in maniera trasparente non può che essere costruttiva. Così si cambia la Rai, valorizzando il tanto di buono che ha ancora e che fa ancora, e invece buttando alle ortiche i corrotti, i dirigenti erosi dai conflitti di interessi, gli incapaci.
Due cose quindi per chiudere: la richiesta di aggiungere al filmatino patinato e barricadiero di #occupyRai l’intero ‘dibattito’ tra te e me (un paio di minuti, credo, non di più) e la data per un appuntamento pubblico con noi dipendenti (magari il Dg Gubitosi sarà lieto ci auguriamo di concederci persino la mitica Sala degli Arazzi) per ragionare serenamente e concretamente sul buon futuro dell’azienda e sui progetti che dovranno nascere presto per recuperare il tempo perso.