Che questo sia il tempo della vergogna, anche in virtù di quella potente esclamazione-invocazione papale, non ci piove: di fronte alle tragedie di Lampedusa, è doveroso riflettere su quanto non abbiamo fatto, in questi anni, davanti a drammi e ingiustizie che erano il seme degli ultimi naufragi. Ma nel nostro sciagurato Paese il tempo è una variabile indipendente dalla logica e dalla memoria: capita che ci sia un tempo per la vergogna e un tempo per l’oblio, ma che siano contemporanei: “Vergogna!” gridavano mercoledì diversi abitanti di Lampedusa a Letta e Barroso: erano comprensibilmente esasperati per quella situazione insostenibile, per un’isola lasciata sola nel lutto e nelle sofferenze dei più deboli, per quei profughi sfuggiti a stento alla morte e abbandonati in un ricovero infernale, per una legge assurda e ferocemente ideologica, la Bossi-Fini ora Grillo, che si accanisce sulle vittime e su chi le soccorre. Vergogna, dunque, per gli altri (magari indifferenziata, incapace di distinguere fra chi quella legge aveva approvato e chi, certo con limiti e carenze, quella legge aveva contrastato), e oblio: per esempio su un’altra visita a Lampedusa, di poco più di due anni fa, quando l’allora Premier Papi, che aveva varato quella legge oscena, parlò oscenamente, fra gli applausi della folla, di una villa che avrebbe acquistato sull’isola, di campi da golf da allestire insieme a casinò e zona franca, di case da riverniciare come a Portofino: nessuno, su quell’isola e fuori, gridò “Vergogna!”. Molti commentatori “indipendenti” erano reduci da duri attacchi alla sinistra che, a loro sentenziare, sottovalutava il problema sicurezza, affrontato dalla destra con la cosiddetta tolleranza zero contro i cosiddetti clandestini: dubito che costoro oggi si vergognino.
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