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Il parlamento batte un colpo, sui migranti. Caffè del 10/10

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Tutto come prima, eppure niente è come prima. Repubblica e Corriere hanno quasi lo stesso titolo: “La clandestinità non sarà reato”, dice il quotidiano di via Solferino. “Via il reato di clandestinità”, fa eco il quotidiano della capitale. Ieri pomeriggio, Felice Casson, durante un interminabile quanto vano (tra poco arriva la legge di stabilità) dibattito sull’aggiornamento del Documento di Programmazione Economica me lo ha detto in anteprima: “In commissione giustizia abbiamo depenalizzato l’immigrazione clandestina”. Nella commissione presieduta da Nitto Palma, approvato un emendamento con i voti del Movimento 5 Stelle, di SEL e del Pd.

Se passa in aula, i pescatori siciliani non dovranno temere di soccorrere chi rischia in mare. Né alcuno verrà accusato per aver offerto un tetto e un pasto al migrante. A Lampedusa, dopo aver preso i fischi insieme a Barroso, Enrico Letta si è inginocchiato tra le bare bianche dei bambini morti in mare e ha pianto per quei 300 morti. Poi ha chiesto perdono ai loro compagni di sventura che il magistrato è costretto a indagare per il reato di immigrazione clandestina. Ma il Giornale insorge: “Blitz al Senato per uccidere la Bossi Fini”. Mentre Massimo Franco, sul Corriere, paventa il rischio di “maggioranze variabili”. Teme, cioè, che il Pd non si costringa più a votare solo quanto prima concordato, nel governo, con il PDL. Ben venga questo rischio. Torni l’autonomia del Parlamento.

“Niente tasse, vince il PDL”. Sallusti, per salvare il posto traballante da direttore, cerca di nascondere un’altra notizia di giornata. Alfano si è presentato ai giornalisti, con Quagliarello e Lorenzin, Lupi e Di Girolamo, per un’inedita conferenza stampa dei ministri targati PDL, ma anche delle “colombe” che hanno sconfitto i “falchi” e costretto Berlusconi a compiere una spericolata giravolta.   Faremo “sentinelle delle tasse”, hanno detto i ministri, no, non è vero che Quagliarello sia un neo centrista, al contrario siamo noi i veri eredi di Berlusconi. Ma lasciateci lavorare, con Letta, senza rapaci e pitoni a minacciarci. Come finirà questa competizione a destra? Secondo il Fatto, con la solita Caporetto del Pd. “Ci raccontano balle. Con l’indulto B. è libero”. Per il giornale di Padellaro e Travaglio, il governo vorrebbe inserire, nel provvedimento di clemenza, i reati di “frode fiscale” e “corruzione”.

Beh, sarebbe un disastro! Se la mala sorte dei carcerati, costretti a sopravvivere come topi, senza aria né dignità, servisse per darla vinta a chi da anni attacca, assedia, mina lo stato di diritto mi chiedo chi dei nostri ragazzi farebbe più il concorso per entrare in magistratura? Quanti fra i bravi poliziotti che danno la caccia a Matteo Messina Denaro, latitante tra Trapani e Castelvetrano grazie a protezioni e amicizie eccellenti, quanti fra quei poliziotti penserebbero che ne vale ancora la pena, se la giustizia per un potente fosse così palesemente diversa da quella per i cafoni?

Silvio Berlusconi non è un condannato qualunque. È il leader politico che da sempre vuol mettere la giustizia alle dipendenze del potere. Non è un partigiano che ha ucciso anche dopo il 25 aprile ma poi ha deposto le armi. La destra non le ha affatto deposte quelle armi. Berlusconi continua a sostenere di essere lui la vittima di un colpo di stato. Ogni soluzione politica sarebbe una resa senza condizioni.

Marine Le Pen al 24 per cento, primo partito in Francia se si votasse ora per le europee. Lo dice un sondaggio commissionato dal Nouvel Observateur. Marine è meno impresentabile del padre, non ha la stessa faccia da torturatore dell’OAS. Ma chiede che la Francia esca dall’euro e rimetta la polizia alle frontiere, rompendo il patto di libera circolazione delle persone.

Il guaio è che tanti signor nessuno, piccoli francesi privati della grandeur, borghesi che scivolano verso il proletariato, operai che si sentono traditi da sindacato e sinistra scelgono sempre più convinti le Front National. Anomalia d’oltralpe? No, purtroppo. Il grido “vergogna” che un giorno sì e uno pure si innalza in Italia contro “la politica”, i partiti, i parlamentari, semplificazioni come quella grillina del PDL e il Pdmenoelle, hanno motivazioni simili. Dipendono innanzitutto dal fatto che le scelte sostanziali, quelle che riguardano la moneta, i tassi di interesse, i diritti delle merci le abbiamo  alienate all’Europa e dunque sfuggono al controllo dei Governi e dei Parlamenti, che restano nazionali. La sinistra non sembra sapersi dare altra prospettiva se non quella di aggiustare i guasti del liberismo, ma per aggiustare ci vorrebbero le chiavi Hollande, Letta, Gabriel non le hanno.

Ne vogliamo parlare al congresso del Pd? Ricordate che a Maggio si rinnova il Parlamento Europeo? Che diremo agli Italiani, solo che Schulz è migliore di Barroso? O che faremo tutti i compiti assegnatici dai banchieri tedeschi e poi l’Italia rifiorirà? Ieri un gran numero di senatori e di deputati ha firmato per la candidatura di Matteo Renzi. Ottima scelta, visto che Matteo promette di scuotere il Pd, di renderlo meno opaco (ancora non sappiamo come si sia passati dal “cambiamento” alle larghe intese), di chiudere con la politica del rinvio e della mediazione che deve avvenire prima, al chiuso di qualche conventicola di capi. Ma io con Renzi vorrei discutere, non sceglierlo come se si trattasse di un cavallo su cui salire in groppa. E credo che di questo abbia bisogno il Pd, di discutere la politica. A cominciare dalla legge elettorale.

Oggi in Commissione Affari Istituzionali, due relatori, Lo Moro (Pd) e Bruno (PDL) ci diranno quali siano i punti di convergenza fra le proposte dei vari gruppi. Ascolterò, ma la mia posizione è semplice e si  lega a quanto appena scritto sul pericolo Le Pen e sul rischio di un divorzio con i cittadini italiani per via del  ricatto di mister B. Credo prima di tutto che la nuova legge elettorale debba risarcire gli italiani della democrazia sospesa e della sceneggiata televisiva che subiamo da anni. Gli elettori devono poter scegliere le persone da mandare in Parlamento. E questo si può fare o con il collegio uninominale o con la preferenza. In secondo luogo dico no a premi di maggioranza per le coalizioni, in un voto a turno unico. Quei premi – lo abbiamo visto – spingono i partiti a non scegliere una politica per mantenersi aperte tutte le strade. Li spingono ad allearsi con chicchessia prima del voto per poi dividersi una volta vinte, o perse, le elezioni.

C’è però un’esigenza, sentita dai cittadini ma molto di più dagli attori della politica: quella di sapere subito dopo lo spoglio chi abbia vinto e chi governerà. Lo capisco. Ma allora siano gli elettori a buttare giù dalla torre, in un turno di ballottaggio, il partito che gli garba meno. O, al limite, si scelga, come chiede Pannella, l’uninominale secca all’inglese, senza preoccuparsi che prevalgano i notabili, visto che il rischio avvertito dalla gente è, oggi, che i partiti chiudano le stalle e si tengano il potere. Pare che Renzi abbia una sua idea per assicurare la vittoria al vincitore. E forse qualcun altro sta cambiando giacca e si converte al proporzionale perché non ama Renzi. Non lo so. Però dico: attenzione. non è tempo di fare melina.

da corradinomineo.it


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