Francia, piano di licenziamento collettivo al “Courrier International”

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Secondo la mappa della libertà della stampa 2013, elaborata da Reporter senza Frontiere, la Francia è tra gli stati che possono vantare una situazione piuttosto buona, senza quelli che, invece, vengono definiti “problemi sensibili”, che coinvolgono paesi come l’Italia, tutta l’area balcanica e il Sud America. La mappa è parte del dossier sulla censura, edizione speciale contenuta nel numero di giovedì 17 del Courrier International, equivalente francese del nostro Internazionale. Tuttavia, lo scorso giovedì, nelle edicole e nelle cassette delle lettere degli abbonati, il settimanale non c’era.

Giovedì 10 ottobre, infatti, la direzione del Courrier International ha varato e reso pubblico un piano di licenziamento collettivo che coinvolge almeno un terzo del suo personale. La decisione, cui sarà dato seguito all’inizio del 2014, prevede la soppressione di 22 posizioni su 79 a tempo pieno (che, tenuto conto dei part-time, significa il licenziamento di almeno 25 persone) e l’eliminazione di 25 collaboratori esterni. La decisione è seguita al non rinnovamento di un importante contratto con la Commissione Europea, che garantiva l’edizione del sito d’informazione in 10 lingue presseurop.eu, gestito principalmente dal Courrier International, in seguito a un appalto di cinque anni, vinto nel 2009. La chiusura di PressEurop determinerà la perdita del posto di lavoro per undici giornalisti. Tuttavia, non poter più contare su quei fondi europei destabilizzerà la società in modo tale da doverne licenziare più del doppio. Almeno secondo la direzione. Motivazione scandalosamente insufficiente per i tanti lettori insorti, sostenuti da numerose personalità della vita politica e culturale nazionale e internazionale, che hanno visto in questa imposizione un mero frutto di un’operazione economica. Il trio Pierre Bergé, Xavier Niel, Matthieu Pigasse, alla testa del gruppo editoriale Le Monde, in combutta con il presidente Louis Dreyfus, è, infatti, accusato di una gestione puramente finanziaria di quello che è uno dei settimanali più letti in Francia e che, secondo la sua promessa editoriale, rende accessibile ai lettori francesi il meglio della stampa internazionale.

La reazione immediata della testata, appartenente al gruppo Le Monde, è stato lo sciopero generale, votato al 70%, e indetto martedì 15 ottobre, giorno di chiusura del giornale. Di conseguenza, per la prima volta in 23 anni, il Courrier International, giovedì 17 ottobre, non è arrivato neppure in tipografia. L’edizione in preparazione era, curiosamente, dedicata alla censura e alla libertà di stampa in pericolo.

“Il Courrier International contribuisce alla salute economica del gruppo editoriale”, contestano i redattori, affermazione supportata dai dati che indicano un calo sì delle vendite al dettaglio in edicola, calate del 17%, ma un aumento degli abbonati, 120.000 al cartaceo e 7.000, aumentati del 40% in un anno, alla versione on-line. Un lettorato che si è stretto intorno ai giornalisti minacciati dalla perdita del posto di lavoro: “non si può fare un giornale senza i giornalisti”, si legge tra i numerosi messaggi di sostegno, “bisogna salvare il Courrier International, perché preservare la qualità della stampa vuol dire preservare le nostre libertà”.

Per mobilitare la comunità dei lettori e tenerla aggiornata, il 15 ottobre è nata anche una pagina fb, “Sauver Courrier International” [Salvare Courrier International, ndr], che ha raggiunto in pochissimi giorni i 9.000 sostenitori, e un account Twitter, “Courrier dit non” [Courrier dice no, ndr]. Testate francesi ed europee, case editrici, cineasti, scrittori, attori, hanno redatto e continuano a inviare lettere di appoggio alla redazione e gli illustratori della stampa internazionale hanno contribuito a mobilitare i lettori, diffondendo immagini e disegni a tema. Tra gli ultimi messaggi di sostegno, si annoverano le voci de Le Monde Diplomatique, mensile di riflessione e analisi socio-politica, e quello del Sindacato Nazionale dei Giornalisti.

Un’ennesima conferma della situazione problematica e preoccupante della stampa francese arriva martedì 15 ottobre: il gruppo editoriale Lagardère, leader della stampa nazionale, proprietario di 39 supporti, ha dichiarato la sua intenzione di vendere almeno 10 dei suoi giornali cartacei. Tra i giornali pronti a essere sacrificati alla dura legge del mercato, anche il celebre settimanale Pariscope, vera e propria istituzione parigina, consultata regolarmente da autoctoni e turisti per scoprire il meglio dell’offerta culturale nella capitale. “La stampa nazionale rischia l’infarto”, ha dichiarato in un’intervista a Le Monde Denis Olivennes, direttore della sezione media del gruppo, “e terapie d’urto sono obbligatorie”. Un inedito nuovo corso per monsieur Olivennes, deciso ormai a concentrare gli investimenti sul web in virtù di un’innovativa “strategia di digitalizzazione”, lui che in Francia è ricordato soprattutto per la sua strenua difesa della contestatissima e temuta legge Hadopi, che prevedeva il blocco dell’accesso a internet dopo tre violazioni.

Intanto, il Courrier International è tornato in edicola, ma la mobilitazione continua. E a quella del settimanale, si aggiunge anche quella dei giornalisti del gruppo Lagardère, che si sono decisi ormai a fare appello al mecenatismo.


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