Luigi Barzini Jr. raccontava “Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari lunghi, anche notturni e festivi, ma è sempre meglio che lavorare.” Anche il titolo dell’ultimo libro di Michele Brambilla “ Sempre meglio che lavorare” (Piemme, 2008) ci offre un’immagine che ricalca lo stesso concetto di Luigi Barzini Jr.: essere pagati per un mestiere che ti piace. La stessa dichiarazione che senti raccontare dai calciatori o da tutti coloro che fanno un lavoro retribuito, che piace tanto, al punto che lo farebbero anche gratis.
I giornalisti sono una casta, hanno una serie di vantaggi economici e normativi che altre categorie non possono avere, una legge li riconosce come ordine professionale, ecc… Ma non voglio soffermarmi su questi concetti che tutti coloro che svolgono questa professione conoscono bene. La radio, il cinema, la televisione, internet sono gli strumenti che svolgono anche un’altra funzione oltre a informare: raccontare storie con i suoni e le immagini sempre più coinvolgenti e sono in grado molto più efficacemente della notizia di entrare nella mente delle persone, modificando il loro modello culturale, i comportamenti quotidiani, più di qualsiasi notizia scritta o letta.
Inoltre oggi attraverso il web, partecipiamo agli avvenimenti mondiali, come se si svolgessero nel nostro condominio, partecipiamo alla strage di giovani innocenti di un qualsiasi paese arabo, oppure alla esclusione, “al dramma”, di un qualsiasi concorrente di una qualsiasi trasmissione televisiva. Le immagini che ci arrivano con flusso continuo hanno un valore informativo maggiore di qualsiasi notizia scritta da un qualsiasi giornalista su un qualsiasi giornale. Al festival di Venezia, un cineasta, Gianfranco ROSI con un docu – film “Il sacro GRA” ha vinto il Leone D’oro, raccontando la vita che si svolge intorno alla più grande autostrada urbana d’Italia che gira intorno alla Capitale: un’inchiesta giornalistica realizzata da un creativo.
La differenza tra i fatti e la fantasia è rappresentata proprio dal giornalista e dal creativo. Il giornalista narra e descrive la cronaca che vede davanti a sé o che vive, il creativo utilizza delle idee, le elabora e racconta con fantasia, cose irreali, magari delle favole, ma pur tuttavia verosimili (“Il sacro GRA”). I giornalisti nella stragrande maggioranza svolgono un lavoro di “DESK” ovvero utilizzano le notizie, i fatti che arrivano sulla loro scrivania. Il risultato di questo metodo è l’omologazione dei contenuti, l’abbassamento della qualità dell’informazione poiché tutti usano le stesse fonti. Con l’organizzazione di “DESK” le produzioni giornalistiche hanno abbassato le loro spese, hanno ammortizzato i costi di produzione, questo come effetto ha provocato una dipendenza maggiore dei giornalisti dal potere economico-politico con una perdita di credibilità dell’intero sistema dell’informazione. Il giornalista oggi si deve confrontare con una realtà, con dei fatti che sono più veloci del suo racconto, questo proprio perché viviamo nella realtà digitale e del web 2.0.
E’ questa la vera rivoluzione: i fatti ormai sono raccontati da tutti, non solo dai giornalisti, ma dalle persone comuni, con i social network, che con i telefonini riprendono immagini dell’avvenimento, prima dell’arrivo di qualsiasi inviato e le inviano alle TV, ai giornali, come ad esempio YouReporeter fondata nel 2007 e che è online dal 28 aprile del 2008. Con questa idea di raccontare i fatti in modo capillare, le pagine visitate di questo sito, sono al di sopra dei 4 milioni e questo ci porta al modello di business che è quello di generare grandi flussi di traffico, che a loro volta attraggono pubblicità che si traduce in denaro..
Questo nuovo modo di fare giornalismo è organizzato con un portale che non ha filtri e non fa interventi editoriali, tutto avviene in modo automatizzato, mentre la testata Youreporter News è una regolare testata giornalistica, registrata e i contenuti sono selezionati ed elaborati da alcuni giornalisti e collaboratori. Da un punto di vista tecnico la piattaforma YouReporter.it condivide video e foto di Citizen Journalism. Le persone che si iscrivono a questo sito, inviano i propri contributi per condividerli con altri e diffonderli. Il sito non è regolato, se non nelle sue condizione d’uso, non fa selezione, non censura, e toglie su richiesta motivata una segnalazione di copyright. La persona, il comune cittadino di uno degli 8.000 comuni italiani, o di un paese estero titola e scrive la notizia, indicando la data e il luogo, quindi diviene editore di se stesso.
La comunicazione giornalistica della carta stampata, della radio e della TV analogica, era diffusa dall’alto verso il basso ovvero “da uno a molti”. Con le nuove tecnologie le informazioni passano attraverso i blog, i Wiki, podcasting, Citizen Joournslism, Crowd sourcing, Social network, hanno cambiato il modo di comunicare: “da molti a molti” Con le applicazioni del Web 2.0, diffondere le notizie è diventato più facile e diretto. Questo aspetto stimola e incoraggia il pubblico, che intraprende la via della creazione e dell’autopubblicazione di notizie in prima persona. L’informazione e la comunicazione tramite la rete funzionano come scambio orizzontale tra coloro che sono connessi, non in modo gerarchico, permettendo a tutti di agire attivamente sull’informazione.
E’ una grande rivoluzione che sta trasformando o ha già trasformato il giornalismo tradizionale in quello partecipativo di tutti “dalle masse alle masse”. Penso che occorra grande coraggio, nel prender atto di questa nuova situazione, quindi, i giornalisti e tutte le persone di buona volontà dovrebbero lavorare per sopprimere l’Ordine, che di fatto, oggi, rappresenta una parte minore tra coloro che fanno informazione.
Il sindacato FSNI il sindacato unitario dei giornalisti dovrebbe tutelare tutti coloro che operano nella diffusione di informazione che sono la maggioranza rispetto ai giornalisti professionisti. La cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti Italiani (CASAGIT) e INPIG L’Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani, dovrebbero essere abolite e confluire tutti nell’ INPS cosi come è stato fatto per ENPALS, che tutela i creativi. Penso che la diffusione del lavoro nell’informazione, nella comunicazione, abbia bisogno di una riflessione che prenda atto che se si vuole ancora svolgere un ruolo di tutela e di libertà (art. 21 della costituzione) si deve allargare la riflessione e le scelte, verso tutti coloro che lavorano in questo settore che sono la maggioranza, rispetto ai giornalisti professionisti. Quindi allargare le tutele professionali e di politica del lavoro nella comunicazione, significa coinvolgere i milioni di persone che con le innovazioni tecnologiche digitali fanno un lavoro intellettuale. Riflettere sulla libertà di espressione e di parola che proprio con le tecnologie digitali applicate alla comunicazione potrebbero essere limitate.
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