di Alessandra Colarizi
ROMA – La Cina si appresta a rispolverare il Libretto Rosso di Mao. Dopo un periodo di gestazione durato due anni, una nuova versione delle massime del Grande Timoniere vedrà la luce il prossimo novembre, giusto alla vigilia del 120esimo anniversario della nascita del padre della patria.
L’opera, seconda soltanto alla Bibbia per numero di tirature, ha raggiunto il miliardo di copie sotto la Rivoluzione Culturale, per poi declinare progressivamente ancora prima della morte di Mao. Dopo i tempi duri delle riforme targate Deng Xiaoping, ristampe commerciali del Libretto Rosso hanno fatto la loro comparsa nelle librerie, ma nuove edizioni mai.
L’azzardata iniziativa, che giunge in un momento in cui la leadership cinese torna a fare un uso generoso di citazioni rosse, non sembra tuttavia avere un’impronta ufficiale. “Vogliamo soltanto riesaminare il testo, così come altri studiosi lavorano sui Dialoghi di Confucio- ha dichiarato al Guardian il colonnello Chen Yu dell’Accademia di Scienze Militari, responsabile editoriale della nuova versione- non abbiamo uno scopo politico complicato”.
Sembra, d’altra parte, piuttosto improbabile che i simpatizzanti del Grande Timoniere avrebbero trovato il coraggio di compiere un passo del genere se a Zhongnanhai, il quartier generale del Partito, di questi tempi non si respirasse un’atmosfera particolarmente propizia. Tra purghe, sessioni d’autocritica e corsi di marxismo per i giornalisti cinesi, i più conservatori escono baldanzosamente allo scoperto, dopo che il processo all’ex astro nascente Bo Xilai ha assestato un sonoro schiaffo ai suoi seguaci e alla sinistra estrema, di cui Bo era l’esponente di punta.
Secondo i più ottimisti, è proprio per ammansire quelle frange radicali, ferite ma ancora piuttosto agguerrite, che il presidente Xi Jinping starebbe ammiccando ad una serie di pratiche inquietanti, accostate dai più alla figura di Mao Zedong. Tanto più che il Terzo Plenum del prossimo novembre sembrerebbe preannuncia riforme economiche poco gradite ai fautori della pianificazione statale e dei grandi conglomerati pubblici, sino ad oggi zoccolo duro del “capitalismo socialista” cinese.
Dunque, cosa bolle in Cina? Lo abbiamo chiesto a Daniel Leese, professore di storia cinese presso l’università di Freiburg e autore di “Mao Cult: Rhetoric and Ritual in China’s Cultural Revolution”.
Critica e autocritica, purghe ad ogni livello del Partito, un controllo sempre più serrato sull’opinione pubblica e uno studio maniacale del marxismo. Più che il Sogno cinese questo sembra l’incubo di una nuova Rivoluzione Culturale. Che direzione sta prendendo la Cina?
“Le scelte politiche di Xi Jinping mi sembra assomiglino ad un approccio ‘shuanggui’: ovvero un approfondimento della liberalizzazione economica (mi riferisco, per esempio, alla zona di libero scambio di Shanghai), accompagnato dal rinnovamento di pratiche maoiste. Questo in realtà non è un approccio nuovo, ma è piuttosto una ricorrenza a partire dal movimento della ‘rettificazione dei quadri di Partito’ di metà anni ’80. La tensione creata da un approccio conservatore in politica e da una spinta liberale in economia sembra accomunare Xi ai suoi predecessori. Durante il suo famoso viaggio al Sud, Deng Xiaoping chiedeva maggiori riforme di mercato e una privatizzazione economica, pur continuando a reprimere il dissenso politico. Jiang Zemin, con le ‘Tre rappresentanze’ ha ampliato la base del potere del Pcc reclutando imprenditori e nuovi attori socio-economici, eppure ha lanciato la campagna di repressione contro il movimento del Falun Gong. L’appello populista di Hu Jintao ha affiancato il concetto di ‘società armoniosa’, basato sul tentativo di colmare le disparità economiche tra i cittadini per allentare le tensioni sociali, con un rafforzamento dell’apparato della sicurezza interna e della censura sui media. Oggi la situazione non è ancora chiara e per questo, ad un livello inferiore, i gruppi rispondono con tentativi di ogni tipo per testare i limiti ufficiali. Così assistiamo ad un’esplosione dei sostenitori del maoismo, oltre ad un tentativo di controllo sulla sfera pubblica.”
La nuova edizione del Libretto Rosso di Mao giunge in un momento in cui diversi analisti ravvisano nella lotta alla corruzione lanciata da Xi Jinping alcuni elementi in comune con la campagna “picchiare il nero” di Bo Xilai. Ritiene plausibile credere che il nuovo presidente stia prendendo in prestito alcune politiche che a Chongqing, sotto il regno di Bo, hanno funzionato piuttosto bene?
“Per quanto riguarda il Libretto Rosso, se una nuova edizione verrà pubblicata a livello ufficiale -ma non credo che questo avverrà veramente- ciò vorrebbe dire che il Partito sta mettendo in discussione il principio assunto anni fa dell’abolizione del culto della personalità. Ciò rappresenterebbe una gravissima virata rispetto alla linea adottata dopo il 1978. Comunque non penso che Xi punti ad una nuova Rivoluzione Culturale, né che sia un opportunista paragonabile a Bo Xilai. Mi sembra piuttosto che il nuovo presidente creda realmente nel potenziale di una prassi maoista per ripulire il Partito dalla corruzione. Si tratta del primo movimento di rettifica del nuovo millennio, che d’altra parte comprende una rivalutazione del passato maoista. Questo senz’altro rende una ricerca critica sul periodo maoista più difficile di quanto non lo sia stato dieci anni fa”.
Ultimamente alcuni intellettuali liberali hanno ricevuto intimidazioni. Di contro sembra che la linea ufficiale incoraggi nazionalismo e altre istanze conservatrici proprie della sinistra estrema. Che peso ha la Nuova Sinistra nella Cina di Xi Jinping?
“Non è una domanda alla quale si può rispondere facilmente. Per me la Nuova Sinistra non è una fazione coerente, la sua forza effettiva sfugge a valutazioni precise. Xi Jinping mostra una propensione verso pratiche ‘Mao-style’, e ovviamente incoraggia superficialmente sentimenti nazionalistici. Eppure come rivelano la sentenza a Bo Xilai (condannato all’ergastolo per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere, ndr) e, ancora prima, le misure restrittive sul wuyou zhi xiang (il sito di sinistra Utopia, ndr) la sua agenda potrebbe non coincidere con le aspettative di chi si riconosce nella Nuova Sinistra”.