“Il cittadino Giuseppe è stato privato della libertà mediante un trattenimento prolungatosi per oltre due ore senza necessità in un presidio di forze di polizia e in mancanza dei presupposti di legge”. Parole di un giudice oggi, non di chi da anni denuncia una palese ingiustizia . Il gip di Varese Giuseppe Battarino ha infatti ordinato alla Procura nuove indagini nei confronti degli 8 agenti di polizia e carabinieri accusati di lesioni colpose in relazione alla morte di Giuseppe Uva, respingendo la richiesta di archiviazione presentata dal pm Agostino Abate. Lo ha stabilito al termine di un’udienza a Varese convocata per discutere sull’opposizione alla richiesta di archiviazione del pm presentata dai legali della famiglia Uva.
Giuseppe morì nel giugno 2008 all’ospedale di Varese, dopo aver trascorso parte della notte nella caserma dei carabinieri che lo avevano fermato ubriaco per strada.
Il 23 Aprile del 2012 il medico Carlo Fraticelli fu assolto dall’accusa di aver provocato la morte per somministrazione di un farmaco sbagliato. Sentenza poi confermata in appello. “Sono contenta, dichiarò allora Lucia Uva, sorella di Giuseppe, perché è stato condannato un innocente. I responsabili vanno i ricercati in caserma e in quello che successe là dentro”.
Nel respingere l’archiviazione e nel disporre nuove indagini il giudice per le indagini preliminari riprende quanto già specificato dagli altri giudici: “ Le cause della morte vanno ricercate nelle condotte delle persone presenti in caserma quella notte, è una morte per la quale doveva sorgere immediatamente il sospetto di un reato, il valore della libertà personale è prevalente su ogni altra esigenza pubblica o privata (Giuseppe Uva non fu arrestato, non c’era alcun motivo per farlo) e nessun può essere privato della libertà personale se non in forza di una legittima detenzione . Scrive ancora il Gip: “ La notte del 14 aprile 2008 si è verificato un fatto di probabile rilevanza penale in una strada del centro di Varese, l’accompagnamento in caserma è ingiustificato, siamo di fronte ad un cittadino che aveva bisogno di assistenza, mentre il 118, chiamato dall’amico Alberto Bigioggero, viene respinto dai carabinieri. Uva viene ricoverato senza il suo consenso dopo una straordinario patimento fisico subito nel corso della privazione della libertà”. Va ricordato che nei mesi scorsi diverse persone, in particolare la sorella Lucia, sono state querelate per diffamazione dai militari presenti in caserma, per aver sollevato gli stessi dubbi oggi argomentati giuridicamente da un tribunale.
Conclude il Gip: “La morte di Giuseppe Uva non è riconducibile ad errata somministrazione di farmaci, sul suo corpo vi erano tracce diffuse di lesioni, ci fu un’importante effusione di sangue proveniente dalla zona anale, la morte è conseguita ad un’aritmia derivante dal contenimento e dallo stress fisico e i traumi subito sono concause del decesso”. Nuove indagini dunque entro il 31 dicembre 2013, ma da parte di chi? Dello stesso pubblico ministero Agostino Abate, fino a oggi unico titolare dell’inchiesta? Si potranno accertare in poche settimane i pezzi mancanti da anni?
Resta la soddisfazione di Lucia che da anni combatte una battaglia quasi impossibile prima umana e poi giuridica. Dice Lucia: “ Forse inizierà un percorso di giustizia per mio fratello. Forse. Ma quanta sofferenza. Quante energie. Quante porte sbattute in faccia. Ora uno spiraglio di speranza. Finalmente! Compatibilmente con i termini della prescrizione ormai prossimi. Quanta fatica per poter aspirare a qualcosa che secondo la nostra Costituzione dovrebbe essere dovuto e scontato. Ma in che mondo viviamo?”