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Amnistia e indulto non servono: legge svuota carceri già c’è, mezza approvata

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Il disegno di legge che delega il Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento penale per messa alla prova giace alla Camera dei Deputati già approvato. L’approvazione in via definitiva della legge favorirebbe da un lato una soluzione civile al problema del sovraffollamento carcerario , dall’altro porrebbe fine a questa ignobile commedia che la classe politica, nessuno escluso, continua a mettere in scena sulle spalle di una popolazione carceraria probabilmente ancora una volta illusa.
Ci chiediamo infatti cosa potrà succedere nei nostri istituti penitenziari allorquando si andranno a contare i voti in Parlamento necessari all’approvazione di una legge di amnistia o di indulto che sia.

È evidente infatti che l’ampia maggioranza dei 2/3 necessaria all’approvazione non c’è, soprattutto alla luce delle dichiarazioni recenti di Matteo Renzi da un lato e di Renato Schifani e Gaetano Quagliarello dall’altro.

Per motivi diversi ma alla fine convergenti, il Pd o comunque chi di fatto lo dirige non appare favorevole al provvedimento, mentre il Pdl non è disposto ad approvare una legge che non consentirebbe a Berlusconi di evitare le conseguenze delle condanne a suo carico, emanate ed emanande, con la ulteriore complicazione che, se anche si trovasse un accordo di massima, questo si infrangerebbe contro una serie di obiezioni tecniche attinenti ad esempio alla fruibilità di un provvedimento di indulto che andrebbe cumulato con un altro in precedenza goduto oppure con la difficoltà di ricomprendere nel novero dei reati cui sarebbe applicabile i reati finanziari, che non sono mai stati ricompresi in precedenza.
Senza contare la ferma obiezione dei 5 Stelle di Beppe Grillo e della Lega.

Insomma un pasticcio inestricabile che continua ad ingarbugliarsi ancora di più perché ovviamente vi è chi ha interesse a dare un peso che non ha al messaggio di Napolitano alle Camere , ritenendo quasi che l’approvazione del provvedimento sollecitato dal Quirinale sia una sorta di obbligo cui il Parlamento non può sottrarsi. Niente di più falso.

In realtà si finge solo di non sapere che i messaggi alle Camere previsti dall’art. 87 della Costituzione sono un tipico atto presidenziale, con il quale il Capo dello Stato esercita il cosiddetto potere di esternazione, manifestando il suo personale intendimento: ciò in funzione di controllo, di proposta e di denuncia di eventuali violazioni costituzionali. Importanti quindi, mai però capaci di interferire con l’attività parlamentare cui è demandata invece la scelta in materia di politica giudiziaria. E qui quindi ritorniamo all’argomento di cui al principio.

Il Parlamento ha discusso ed approvato un disegno di legge, che giace nei cassetti delle giunte parlamentari, con il quale ha individuato una serie di riforme (molte delle quali sollecitate da Organismi rappresentativi dell’Avvocatura e della Magistratura, categorie in prima linea interessate), capaci di incidere da un lato sulla emergenza del sovraffollamento carcerario e dall’altro in linea con la necessità che la risposta penal-sanzionatoria alla devianza criminale di modesta gravità possa essere diversamente affrontata rispetto all’unica risposta oggi possibile e cioè il carcere.
Il disegno di legge, sicuramente emendabile, prevede infatti la possibilità per il Giudice di comminare una sanzione penale che non sia la detenzione penitenziaria per una tipologia di reati bagattelari per i quali anche altre sanzioni meno afflittive sarebbero sufficienti, si pensi alla detenzione domiciliare o alla sospensione del processo con messa alla prova, prevista già nel processo minorile, il cui esito positivo estingue reato e pena.

Diciamola tutta, è arrivata l’ora di liberarsi del feticcio del carcere come unica possibile risposta ed espiazione da dare al condannato.
Ne gioverebbe il sistema tutto, e non saremo costretto a tenere dentro uno spacciatore di paccottiglia contraffatta sui nostri marciapiedi piuttosto che un consumatore di droghe leggere o pesanti che siano come impone la Legge Giovanardi, con indubbi vantaggi sia in termini economici (si provi a pensare quanto costa un detenuto alla Stato) che di attuazione del principio costituzionale secondo cui la pena deve tendere al recupero del condannato.
Infatti una pena continuerà ad esserci ma sarà il Giudice a sceglierla tra quelle che possono favorire il recupero del condannato.

Oggi non è cosi, il Tribunale, in nome del popolo italiano, quando condanna commina solo carcere e multe e sarà poi solo nella fase esecutiva che si potranno valutare le possibili misure alternative alla detenzione. Questo significa altro processo, altre spese, altri costi per tutti, che non tutti possono permettersi, con la ovvia conseguenza che solo i più ricchi accederanno ad una diversa modalità di espiazione della pena.
Da ultimo, pare che il Quirinale abbia inviato alle camere il messaggio per indurle a riflettere su un’altra conseguenza pesante per l’Erario e cioè la condanna da parte della UE per le condizioni di precarietà in cui versano i detenuti in sovraffollamento.

Bene, per risolvere il problema non è necessaria una amnistia o un indulto che a quanto pare serve solo a sollevare polemiche e (non) risolvere diatribe politiche tra le parti.
Basta solo che il Parlamento faccia il suo dovere che è quello di adeguare le leggi alle necessità storiche della società, una delle quali in questo momento è quella di adeguare il sistema penitenziario ai tempi.
Del pietismo con cui si maschera il cinismo dei politici non abbiamo bisogno, grazie.

* da Blitz Quotidiano


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