25mila morti in mare negli ultimi venti anni. I viaggi della disperazione

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Cercavano il futuro e hanno trovato la morte, cercavano la speranza e sono affogati in pochi metri d’acqua. Ancora cadaveri sulle coste italiane, questa volta a Scicli in Sicilia. Tredici i corpi senza vita stesi lungo la spiaggia. Vicino a loro, avvolti nei teli e negli asciugamani, quelli che si sono salvati, anzi che sono stati salvati dai bagnanti. L’indifferenza non ha trovato spazio in questo lembo di terra bagnata dal mare. E poi per molti c’e’ stata la fuga per non restare intrappolati in Italia, prigionieri delle loro impronte e di un sistema di regole che ormai fa anche esso acqua da tutte le parti. Secondo l’organizzazione internazionale delle migrazioni negli ultimi 20 anni sono 25mila le persone morte in mare durante quelli che qualcuno chiama “viaggi della disperazione” e qualcun altro “viaggi della speranza”. Per loro, per gli uomini le donne e i bambini morti, c’e’ stata la preghiera di papa Francesco e anche una corona di fiori. E forse proprio da quell’incontro del vescovo di Roma con il popolo di Lampedusa e con i suoi ospiti  venuti dal mare ha cambiato il modo di guardare e di agire. La solidarietà, che una legge aveva trasformato in reato, e’ tornata. E  l’assuefazione davanti agli sbarchi e’ stata sostituita dalla catena umana per portare a terra i naufraghi a Pachino e dai soccorsi sulla spiaggia di Scicli. Qualcosa sta cambiando. Ma gli sbarchi restano, come i mercanti di uomini che speculano sul dolore. E queste morti – lo sappiamo tutti – non saranno le ultime.


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