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Processo D’Alì, parla Treppiedi: “Mafia voleva eliminare Linares”

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di Rino Giacalone

Palermo, al processo a carico del senatore Antonio D’Alì, i pm hanno chiesto 7 anni e 4 mesi per concorso esterno alla mafia. Slitta la sentenza, depone padre Treppiedi. L’articolo di Rino Giacalone/// – L’ex capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares non era solo una ossessione dei mafiosi che addirittura negli anni ’90 avevano anche pensato di eliminarlo. Era l’ossessione di un politico, il senatore pidiellino Antonio D’Alì, che a tutti i costi voleva vederlo trasferito da Trapani. A raccontarlo con particolari e dettagli è un sacerdote,  padre Ninni Treppiedi, nuovo testimone di accusa contro il politico trapanese. Oggi Linares dopo avere lasciato, perché promosso, la Squadra Mobile e dopo un periodo di direzione della divisione anticrimine della Questura di Trapani, dirige il centro Dia di Napoli dallo scorso settembre, ma già dal 2010, anno della promozione, non fa più parte del gruppo di investigatori impegnati nella ricerca del boss Matteo Messina Denaro. Un gruppo che per un periodo fu diretto da un poliziotto indagato per rapporti con la camorra, Vittorio Pisani ed oggi coordinato dal vice della Squadra Mobile di Palermo De Santis.

L’astio e non solo astio di D’Alì contro Linares è uno dei capitoli dei verbali di accusa presentati oggi dai pm Paolo Guido e Andrea Tarondo al processo dove il politico trapanese è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il dibattimento si sta svolgendo con il rito abbreviato dinanzi al gup Gianni Francolini. Oggi erano previste le repliche delle parti e poi la sentenza, i pm hanno chiesto 7 anni e 4 mesi. Tutto saltato. Processo da riaprire hanno chiesto i pm per sentire il sacerdote e un altro teste Vincenzo Basilicò. Un nuovo atto di accusa contro il senatore trapanese del Pdl Antonio D’Alì, Don Ninni Treppiedi è un personaggio al centro di cronache giudiziarie trapanesi, coinvolto nello scandalo che ha scosso la Curia,con due indagini avviate sia dal Vaticano quanto dalla Procura di Trapani. La Santa Sede due anni addietro ha rimosso il vescovo Miccichè, in questi giorni proprio padre Treppiedi è stato sospeso per 5 anni. La Procura indaga su Treppiedi e altre 13 persone, per una sottrazione di beni e soldi alla Diocesi fatta pare proprio da Treppiedi, nonché su reati come la diffamazione e la calunnia. Resta indagato Treppiedi nella indagine sulla Curia ma da oggi il sacerdote è testimone nel processo contro il senatore D’Alì.

Nei verbali sono raccontati i rapporti pericolosi di D’Alì, i contatti con gli imprenditori, come Tommaso Coppola,  il controllo delle istituzioni, con il trasferimento da Trapani del prefetto Sodano, l’indurre a falsa testimonianza l’ex sindaco di Valderice Camillo Iovino, il controllo serrato sulla stampa, insomma le rivelazioni di padre Ninni Treppiedi rendono un quadro aggiornato delle connessioni mafia, politica imprenditoria in provincia di Trapani, fatto ai giorni nostri racconti che sembrano inguaiare ancora di più, rispetto già al quadro delle accuse, il parlamentare trapanese. Tra gli episodi citati anche le pressioni fatte esercitare dalla mafia nel 2001 nei confronti del deputato regionale di Foirza Italia Nino Croce, perché questi optasse per il ll seggio conquistato con il listino e non per quello ottenuto quale primo eletto nella lista di Forza Italia. Croce non voleva cedere il passo al secondo della lista, l’imprenditore Giuseppe Maurici, allora vicino a D’Alì, emissari mafiosi del senatore, racconta padre Treppiedi, convinsero Croce a fare diversamente da come voleva fare. Accusato nel tempo da diversi collaboratori di giustizia, il suo nome è finito spesso intercettato nei colloqui tra i boss di Cosa nostra, addirittura ci fu un imprenditore in carcere per mafia che mandò il nipote a contattare il politico per garantirsi una serie di accordi pregressi al suo arresto, mai fino ad oggi mai c’erano state rivelazioni arrivate dal di dentro del suo entourage: Ninni Treppiedi è notoriamente un frequentatore dei salotti della città, ai pubblici ministeri ha deciso di rendere un’ampia testimonianza sugli affari del senatore al quale è stato vicino per tantissimo tempo.

Nei verbali depositati dai pm Tarondo e Guido c’è la ricostruzione attualizzata anche dei fatti contestati al senatore D’Alì nel processo dove è imputato: dai rapporti con i mafiosi come i Messina Denaro, a quelli con gli imprenditori vicini a Cosa nostra o mafiosi loro stessi, sino al controllo degli appalti. Tra gli incarichi svolti da padre Treppiedi per conto di D’Alì anche quello di convincere l’ex moglie del politico, Picci Aula a non riferire particolari sui rapporti con i Messina Denaro e sulle illiceità commesse nella vendita della Banca Sicula.

da liberainformazione.org


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