Siamo alle solite. È bastato che Enrico Letta concedesse ad Alfano lo spot elettorale sull’IMU, che autorizzasse il ministro Bray a salvare Pompei e le Fondazioni lirico sinfoniche, che promettesse 400 milioni per la scuola, e subito la Banca Centrale Europea ha richiamato l’Italia al suo karma di sorvegliato speciale. La Stampa: “Torna l’allarme conti”. Il Sole24Ore: “BCE, obiettivo deficit a rischio”. Anche la Repubblica: “Allarme BCE. Italia a rischio deficit”. Il Corriere lo dice per esteso. “Tassi più alti, effetto BTP sui conti. La BCE: attenti al rischio deficit”
Eravamo stati facili profeti: non si governa sotto ricatto. Non si va da nessuna parte se convivono al governo partiti con visioni troppo diverse della politica economica e nessuno vuol rinunciare alla propria perché sente forte l’odore delle elezioni. L’Italia ha bisogno di un progetto per risollevasi e di una visione da sostenere in Europa. Un governo che, senza minacciare strappi, contesti la politica della Merkel. Dobbiamo poter investire contraendo debiti almeno per salvare il nostro patrimonio culturale, difendere l’assetto idrogeologico del Belpaese, imporre una rivoluzione digitale. Dobbiamo riformare sistema fiscale e welfare, coniugando più efficienza della spesa e più equità (tasse sui patrimoni e salario di cittadinanza). Dobbiamo, infine, recuperare un qualche orgoglio nazionale, sentirci al centro dell’Europa perché siamo al centro del Mediterraneo, batterci per un’Unione che rivaluti il suo Sud (Italia, Spagna, Grecia) e guardi all’altra sponda del Mediterraneo come a un naturale interlocutore,
“Ma non ci sono i numeri”. “Un governo piccolo piccolo, che raccatti transfughi qua e là sarebbe impotente”. “Non ha senso votare e poi di nuovo elezioni anticipate, per poi dover tornare, magari, alla larghe intese”. Obiezioni legittime. Rispondo che Pd e PDL non sono, come Democratici e Repubblicani in America o Conservatori e Laburisti nel regno Unito, la palestra naturale delle diverse anime democratiche che si contendono il governo in regime di alternanza. Pd e PDL sono forze recenti, forgiate nel tentativo di costruire un bipolarismo all’italiana. Tentativo fallito, come risulta dall’analisi del voto di febbraio. Il Movimento 5 stelle, d’altra parte, è solo la sigla dello scontento, scontento di destra come di sinistra, tenuto insieme dai “Vaffa Day”, controllato da mille pasdaran che sputano fiamme e insulti sul web contro chiunque cerchi una soluzione, avanzi un’idea, parli di politica. Mentre al centro, Monti e Casini sono quasi al divorzio, di voti ne hanno trovati pochi a febbraio e anche quei pochi sono in fuga. Secondo me l’Italia può ridiventare protagonista solo se è capace di destrutturare e ricostruire il suo sistema politico
Caro Presidente del Consiglio, le riconosco il merito di aver fatto quanto poteva in questi mesi. Ma, mi creda, “il buonsenso” vince se non è “doroteo”. Nella Dc avevano ragione Moro e Fanfani: talvolta la politica è indispensabile, serve avere e saper presentare una propria visione del mondo e della società. Perché l’arte del ricucire, del comporre, del sedare funziona quando la storia sembra procedere in una direzione univoca. Se, invece, le certezza traballano (eccome, se traballano oggi!) lo spirito e il patto di Santa Dorotea si riducono a quello che erano e che sono: piccolo cabotaggio, politica del rinvio, attaccamento alla seggiola o alla poltrona, che dir si voglia. Lei, caro Enrico Letta, ha bisogno che il suo partito dica un secco no al ricatto, nell’interesse della dignità dello Stato e della dignità dello stesso condannato, Berlusconi. Ha bisogno che il congresso del Pd discuta davvero di politica e si ponga come congresso costituente. Se no rimarrà tenacemente solo nello sforzo di svuotare il mare con un cucchiaio.
Caro Presidente Napolitano. Possibile che non si accorga che le Sue scelte stanno allargando il fossato tra istituzioni e cittadinanza? Ha voluto credere in un Berlusconi “statista” e “pacificatore”. E si trova, Lei e l’Istituzione che rappresenta, sotto i colpi di un attacco sguaiato che mira a sovvertire lo Stato di Diritto. Ha chiesto a partiti un tempo contrapposti e debilitati dal voto (Pd e PDL hanno perso 10 milioni di elettori a febbraio) di cambiare insieme la Costituzione. Ma ciò, dopo la sentenza in Cassazione e il ricatto che ne è seguito, sta creando un vasto movimento in difesa della Costituzione, movimento che la delegittima, perché è Lei che dovrebbe essere il primo difensore della Carta. Ha nominato 4 senatori a vita, persone eccellenti, ma in tanti hanno pensato che la sua scelta fosse intrisa di politique politicienne. Ha poi nominato un nuovo giudice Costituzionale, carico di meriti, di anni e di assegni previdenziali. Ma ancora in tanti l’hanno accusata di promuovere un suo amico. La prego, Presidente, si liberi dalla sindrome del Quirinale, dia torto a chi la chiama “Re Giorgio”. Non può essere Lei, da solo, il salvatore della patria. Non continui a considerarsi, lei solo, quello che viene da lontano e andrà lontano. La sua visione storicista, statalista e pedagogica della politica è diventato un vecchio rudere dopo la caduta del Muro di Berlino. Per citare Bergman di “Scene di un matrimonio”, serve solo a mettere un po’ di polvere sotto il tappeto.
Cari lettori di questo blog, non sono pazzo. Perché l’alternativa al mio, rischioso, buonsenso è la deriva degradante cui assistiamo ogni giorno. Berlusconi, Grillo, Letta, dicono peste e corna del finanziamento ai partiti, ma la Camera ne rinvia l’abolizione. Il PDL prende di mira il decreto “valore cultura” (non si sa se per ritorsione contro Renzi, nel decreto c’è qualcosa per il Maggio fiorentino, o se solo per toglier luce a un ministro del Pd) e il risultato sarà una pioggia di emendamenti, di destra e di sinistra, probabilmente senza copertura. Giovanardi legge nella sua sfera di cristallo che Grillo voterà in aula, a scrutinio segreto, per la convalida del senatore Berlusconi. E intanto si apre la caccia ai franchi traditori, in stile 101.
Scrive Civati, a questo proposito: “se ci fosse un altro episodio come quello in cui si fecero fuori Prodi, Bersani e l’alleanza con Vendola, per salvare questa volta Berlusconi, la maggioranza non ci sarebbe più comunque, perché nessuno di noi del fu-Pd sarebbe nelle condizioni di reggere una situazione del genere.Se qualcuno pensa di salvare Berlusconi per salvare il governo, insomma, si sbaglia di grosso”. Ha ragione. Non perché Berlusconi sia il male assoluto o perché chi non lo definisce delinquente, come fa Travaglio, viene insultato dalle trocoteuses di Grillo e del Fatto. Semplicemente perché i nostri iscritti non capirebbero, i nostri elettori nemmeno, il Paese tutto non accetterebbe che ci si occupi ancora e sempre, contra legem, dei problemi e della salvezza di uno solo mentre si riesce a fare così poco per chi paga ogni giorno le conseguenze della crisi.