Se fossi amico di Berlusconi gli chiederei di smetterla, di non rendersi ridicolo, manifestando la sera un’ira incontenibile e distruttrice, per ridursi di mattina a chiedere un aiutino, come uno studente svogliato all’esame. Se fossi, come sono, cittadino italiano mi vergognerei, e mi vergogno, di un paese che non sembra cambiato da quel lontano 8 settembre di 70 anni fa, quando scapparono tutti i potenti con il Re in testa, lasciando il sud agli alleati liberatori e il centro nord alle truppe d’occupazione tedesche. Oggi tutti restano al loro posto: Napolitano al Quirinale, Letta a Palazzo Chigi, Berlusconi in Senato, mentre l’Italia è dilaniata da ultimatum, grida da bravi, trattative riservate per sovvertire il diritto, appelli e minacce.
Scrive Giannini su Repubblica: “il bipolarismo ha assunto un profilo psichico più che politico…il Cavaliere alterna i giorni dell’ira a quelli della paura. La sera siede a tavola con la Pitonessa Santanchè e annuncia la crisi, la mattina siede sul divano con il barboncino Dudù e si rimangia tutto. Così non si può andare avanti”. Scrive Sorgi su La Stampa: “il messaggio uscito ieri sera dal Quirinale è il massimo di legittimazione politica che il Presidente della Repubblica poteva offrire a un capo partito, condannato per un reato pesante come la frode fiscale”.
Con una nota non ufficiale, Napolitano ha detto al Cavaliere che non sta preparando un governo senza di lui. Ha ripetuto che una crisi di governo “precipiterebbe il Paese in gravissimi rischi”. Ma che il Quirinale “confida nelle ripetute dichiarazione di appoggio al governo”. Insomma, ha fiducia nelle virtù da “statista” del Berlusconi. Fedele (Confalonieri) sale sul Colle, riferisce al principale, il quale per ora rinfodera il messaggio televisivo spaccatutto ma chiede garanzie: “perché dovrei fidarmi?”. Corriere. “Berlusconi sosterrà Letta”. Stampa. “Napolitano al PDL: niente crisi”. Repubblica: “L’altolà di Napolitano”.
Intanto le motivazione della sentenza (la terza) d’appello che condanna Marcello Dell’Utri a 7 anni di carcere per mafia, parla di un patto di protezione che Berlusconi stipulò a tavola con Bontade nel 1974 e rinnovò in seguito con Riina, il quale pretese il raddoppio del pizzo. Intermediario contrattuale, Dell’Utri. Chissà come si deve sentire Gregory Bongiorno, industriale trapanese dei rifiuti, che dopo lunga navigazione familiare nella zona grigia tra mafia e affari, ha deciso di non pagare più il pizzo e di denunciare? L’altro al Quirinale, lui sotto scorta.
E il nostro Presidente del Consiglio, Enrico Letta, come si deve sentire in queste ore di trepidante incertezza? Ha mandato l’Andrea Doria a proteggere i soldati italiani in Libano. Casomai Hezbollah, dopo il raid americano contro l’alleato Assad, si facesse venire strane idee. Al G20 cerca di interpretare la linea di Papa Francesco: no alla guerra, sì alla messa al bando di Assad, passando da un accordo (difficile) con Putin e da un soprassalto di dignità (magari!) del Consiglio di sicurezza. Ci prova, ma dietro la sua schiena lunga si scorgono, pesantissima zavorra, le fattezze del Caimano che si sente azionista di riferimento del suo governo e lo ricatta. Non lo invidio, Letta.
“Non solo frodatore fiscale ma alleato della Mafia”, scrive il Fatto. Berlusconi è quello che è: imprenditore spregiudicato, politico di genio ma privo di ogni senso dello stato, demagogo capace di impigliare nella sua rete milioni di italiani. Ma siamo noi la malattia d’Italia. Noi eccellenze, noi onorevoli, noi giornalisti, sia di sinistra che di destra e di centro, che fuggiamo dalle nostre responsabilità e restiamo acquattati sotto ricatto. Sul Giornale. “Lo fanno fuori e pretendono che ringrazi”, Vittorio Feltri. “Il DNA del boia nelle vene della sinistra”, Augusto Minzolini.
Veniamo al gioco d’azzardo. Il governo fa cassa sui troppi italiani che sognano di vincere e finiscono nelle mani dello strozzino. Fra le altre nefandezze, un condono alle società che gestiscono le slot machine. Secondo la corte dei Conti avrebbero dovuto pagare 2 miliardi e mezzo fra tasse evase e penali, il governo si accontenta di 600 milioni. Il senato vive male la cosa e, con la mediazione di persone per bene come Stefania Pezzopane, mette a punto un ordine del giorno “unitario” di richiamo al governo. M5S decide di appoggiarlo, ma chiede, in cambio, di votare per parti separate la sua mozione, di approvarla in parte. Per una giusta causa vuole rientrare nelle alleanze in Parlamento, disubbidendo agli ordini di Grillo.
Indicazioni contraddittorie dei gruppi, caos in aula. La mozione stellata viene respinta perché l’astensione del Pd vale voto contrario (io ho votato a favore). Approvata invece una mozione della Lega che sospende per un anno le nuove concessioni. Il sottosegretario Giorgietti (PDL) minaccia dimissioni per farsele respingere. Invece di far tesoro della lezione, di capire che non si può coartare oltre un certo limite la libertà del Parlamento,pare che il Governo sia orientato a imporre la “mediazione” Giorgetti.
“Renzi è già il segretario del Pd”. Lo dice Leuluca Orlando e trovo che abbia ragione. La festa di Genova ha quasi nascosto Cuperlo e quasi nasconderà (se non ho capito male dovrebbero “passare” oggi) Civati e Barca. Sì, sento puzza di apparato che corre in soccorso del vincitore perché cambi tutto purché ogni cosa resti al suo posto. Si chiama “congresso unitario”. Il mio appello a Renzi è di non farsi “incaprettare” (sapiente uso siciliano delle corde che strozza chi provasse a muoversi). A Cuperlo, di dire qualcosa di sinistra, e lo sta facendo, ma di non farsi tramite di un rinnovo del vecchio patto di sindacato tra correnti e segretario. Il mio appello a Civati, a Barca a tutti gli uomini liberi e di sinistra, e di tenere alta la sfida delle idee e non subire più il ricatto del chi si muove è perduto. Perché forse il Governo Letta continuerà la sua strada, ma le larghe intese (come accordo paralizzante Pd -PDL) hanno fatto il loro tempo.