“Il problema è che lui non ascolta. Siamo al punto che ha ragione l’ultimo che parla. Berlusconi è in uno stato psicologico confusionale ed è comprensibile. Un giorno sostiene una cosa, un giorno l’altra: è proprio nel pallone. E non perché sia scemo, ma perché la situazione è talmente incasinata che non se ne esce”. Così Vittorio Feltri racconta al Fatto lo stato di prostrazione in cui versa il fu Caimano. Come Ferrara su La Stampa, Feltri esprime, nell’intervista, tutto il suo disprezzo per “i maramaldi” che circondano il Cavaliere. Quelli che gli dicono di non temere per restarsene aggrappati alla scialuppa Letta, quelli che invece gli agitano sotto il naso il drappo rosso delle elezioni, sapendo che non potrà comunque candidarsi.
Pare che ieri sera Berlusconi, forse sopraffatto dal ridicolo, forse in uno di quei momenti down che sempre di più ricordano la malattia di Cossiga, abbia detto a chi gli stava intorno: “fate quello che volete, vi seguirò”.
Questa è la verità clinica, poi c’è una verità tecnica. Il senatore Augello del PDL, alla fine di una dotta esposizione, avrebbe dovuto chiedere alla Giunta per le autorizzazioni o la decadenza o la convalida di Berlusconi. Non lo aveva fatto, preferendo porre ben tre questioni pregiudiziali. Pd e M5S hanno detto che le avrebbero respinte. Furiosi, Schifani, Alfano e Brunetta hanno annunciato sfracelli, la morte del governo, i comizi elettorali già convocati. Qualche ora dopo Augello ha ritirato le pregiudiziali e ha promesso di chiudere giovedì la sua relazione con la richiesta della convalida. Cui seguirà il dibattito generale e il voto sulla decadenza di Berlisconi. Dunque, la verità tecnica dice che il PDL ha fatto marcia indietro. E che Schifani, Brunetta, Alfano bluffavano, avevano in mano una scala mancata.
Ma è diversa la verità mediatica. Il Giornale confina sotto il titolo l’incertezza del capo: “Berlusconi si prende 48 ore e rinvia la riunione dei gruppi parlamentari”. Apre invece annunciando: “Adesso il Pd ha paura”. Dunque è il Pd ad aver fatto marcia indietro! Subito il Fatto spiega perché: “Napolitano monita e il Pd s’ammoscia”. In effetti, ieri, il Presidente della Repubblica, incontrando Pasquale Cascella, suo ex portavoce ora sindaco di Barletta, ha detto: “se non consolidiamo i pilastri della convivenza nazionale, tutto è a rischio”. Parlava delle sue amatissime larghe intese? In ogni caso La Stampa scrive: “Voto rinviato. Letta ad Alfano: andare avanti si può. Il Colle: unità o tutto è a rischio”. E Il Corriere della Sera traduce: “Rinvio su Berlusconi per evitare la crisi”.
C’è infine una verità politica ed è la paura che sta uccidendo i partiti, Pd e PDL, protagonisti del bipolarismo all’italiana, ma che sta sfibrando il paese e avvelenando, questa sì, la stessa convivenza civile. In sei mesi il Parlamento non ha discusso un solo provvedimento che non sia stato prima mediato in una trattativa di governo. E quando poi il testo viene licenziato da Palazzo Chigi e inviato alle camere, non c’è troppo da discutere, si può solo votare. Decreto del “fare”, decreti uno e due sulla scuola, decreto sulla pubblica amministrazione, sul “valore cultura”, decreto pure contro la strage delle donne. Cose giuste e sbagliate, ma su cui gli eletti del popolo hanno al massimo il diritto di limare. Così quando capita, in una giornata come quella di ieri, che la Camera sia chiamata a votare la legge Quagliariello che istituisce un comitato di 42 Senatori e Deputati per vedere se si può riformare la Costituzione (non proprio un colpo di stato, come spiego nel punto alle 20 di ieri), la sensazione è di vivere in un paesi di pazzi. Volete davvero cambiare la carta con il partito del condannato? Tutti i giorni sotto ricatto?
Intanto il principale giornale economico titola: “Spread, il sorpasso di Madrid”. Non è una catastrofe, perché il differenziale del rendimento tra titoli decennali italiani e tedeschi si assesta al 2,50%. Era al 4 e correva verso il 5 non troppo tempo fa. Buon per la Spagna se il suo spread è sceso più del nostro ed è ora lievemente più basso, al 2,48%. Ma i “governisti” nel palazzo ne approfittano per dire “restiamo uniti” a tutti costi, mentre chiunque di buon senso capisce che non si governa con la paura, che non può proseguire questa assurda pochade delle “larghe intese”. Dove le intese non sono larghe, avendo il Pd più PDL perduto a febbraio quasi 10 milioni di voti, e non sono neanche intese, come è sempre più chiaro ogni giorno che passa.
Al congresso del Pd non appoggerò nessun candidato che non abbia il coraggio di spiegare come siamo finiti in questo pantano e come faremo ora ad uscirne. Non accetterò di tacere davanti a chi, quando sente pronunciare il nome di Napolitano, volta la faccia o sussurra “zitto, è il Presidente”. Sì è il Presidente, l’arbitro che più di tutti i predecessori è intervenuto e interviene, con cadenza quotidiana, nelle scelte della politica. L’ex comunista, migliorista, europeista che vive nel (suo) passato, e ci propone una ricetta, le larghe intese appunto, che non funzionò già nel 1976. Poco ci manca che oggi, 11 settembre del 2013, quarant’anni dopo i fatti del Cile, qualcuno rappresenti Enrico Letta, con in testa il casco che si era messo a Kabul, che corre a difendere Palazzo Chigi dal bombardamento golpista.
Per favore! Sono la codardia della politica, il disprezzo dei cittadini, l’ostinarsi a difendere una coalizione contro natura, la rimozione del conflitto di interessi, e il far credere che si possa salvare da una sentenza definitiva un cittadino eccellente, è tutto questo che fiacca il paese, che allontana eletti ed elettori, istituzioni e cittadini. I generali non sono dietro l’angolo, ma sfiducia e scoramento, sì
Intanto un altro 11 settembre, il dodicesimo anniversario dell’attacco alle torri gemelle, passa quasi sotto silenzio. “Obama è finito nella trincea dell’Onu”, titola il Corriere. Il presidente americano sembra dare credito alla disponibilità della Siria di consegnare le armi chimiche e sospende, per ora, l’ordine di attacco. 12 anni di guerra hanno fiaccato il mondo e ridotto gli Stati Uniti al ruolo del più forte ma impotente. L’ho scritto: una rivoluzione è in corso. Manca il soggetto che annunci un nuovo ordine, ma una rivoluzione si dispiega ogni giorno e chiede di essere vista. Ma l’Europa che fa? L’Italia cos’è, in tutto questo?
Abbiamo il Papa, certo. Ieri ha fatto due cose bellissime. Visitando il centro Astalli, ha buttato lì che i conventi vuoti potrebbero accogliere migranti, anziché trasformarsi in alberghi a fine di lucro. Poi ha aperto ai non credenti. “IL Papa: la mia lettera a chi non crede”, è il titolo di Repubblica, che gongola perché Francesco ha risposto a Scalfari. “Se obbedite alla coscienza avrete il perdono di Dio”. E ancora “anche per chi crede la verità non è assoluta, non la possediamo, è lei che ci abbraccia”. A conclusione del secolo dei lumi, Immanuel Kant definiva limiti e autonomia della ragione. Il successore di Pietro ora dice che quella regione non è nemica della fede, anzi in un certo senso l’aiuta ad essere più pura. Mi vien da dire è una “rivoluzione copernicana”: Credo che Bergoglio accennerebbe a un sorriso.