Poiché, nella seconda metà degli anni novanta, quando il centro-sinistra ha governato per alcuni anni l’Italia, ho avuto la possibilità di lavorare con il Ministro di allora, On. Luigi Berlinguer, alle riforme della scuola e della università, devo subito dire di essere rimasto molto impressionato dagli ultimi dati forniti oggi dall’Istituto Nazionale di Statistica, che parla di un vero crollo dell’occupazione giovanile che è diminuita tra il 2010 ed il 2013 di un milione di giovani sotto i 35 anni. Si tratta di un dato che non può non spaventare chiunque abbia figli o nipoti in età di lavorare e che per un paese, che resta ancora il secondo paese manifatturiero dell’Europa, registra una crisi economica e produttiva senza precedenti. Bisogna andare indietro agli anni trenta per trovare una situazione politica internazionale molto diversa dall’attuale trattandosi di un paese che era allora un paese agricolo-industriale per poter fare un confronto attendibile.
Oggi le cose stanno in maniera profondamente diversa anche se tra Russia e Stati Uniti a causa della crisi siriana sembrano rispuntare accenti della vecchia guerra fredda. Ma a parte questo elemento che non è trascurabile, bisogna anche ricordare che il nostro paese rischia più degli altri paesi europei a causa dell’enorme debito pubblico e di problemi di organizzazione dello stato che è rimasto purtroppo quello del periodo liberale ancora prima che si affermasse il fascismo a causa delle incapacità della classe politica succeduta negli anni quaranta, cinquanta e sessanta e a modificare adeguatamente le strutture ed i metodi del vecchio stato italiano. Di qui i problemi insieme economico-sociali e politico-culturali che ci portiamo ancora dietro e che, dopo un ventennio di populismo berlusconiano e di politica economica condotta per più di dieci anni da una classe dirigente evidentemente non capace, siamo arrivati, con l’avvento della crisi economica internazionale, ad una crisi particolarmente grave a livello nazionale, della quale l’aumento enorme della disoccupazione giovanile è sicuramente non l’unico ma uno dei segnali più forti e gravi di conseguenze per il futuro e per le nuove generazioni. Chi, come chi scrive, ha trascorso una parte notevole della propria esistenza di lavoro ad insegnare ai giovani a cercare di inserirsi nel mondo del lavoro e nella società sa e lo ha sperimentato nelle proprie ricerche storiche e sociali la grande difficoltà che oggi hanno i giovani a trovare anche lavori part-time o periodi di apprendistato o ancora avere speranza di trovare in futuro un qualche lavoro.
Una condizione terribile per chi ha appena vent’anni o poco più e non ha davanti un futuro con qualche speranza effettiva di inserimento e di progresso nel proprio mestiere o nella propria professione. D’altra parte si gioca proprio qui a livello nazionale il futuro economico, politico e sociale del nostro paese. Ormai abbiamo tutti notizia in Italia di una ripresa dell’emigrazione dei giovani in Francia ed in Germania. Non si tratta qui di previsione astratta sul piano economico-planetario ma di elementi tratti dalla particolare struttura della economia e della società italiana che non possiamo dimenticare. Sappiamo che, in più di centocinquant’anni, non siamo riusciti ad eliminare il divario economico sociale del paese tra un sud ancora arretrato ed un nord in gran parte industrializzato. Se non riusciamo a porre termine alla struttura diseguale nel nostro paese e nei problemi che comunque ha oggi l’Italia non riusciremo neppure a superare la crisi profonda in cui siamo precipitati e a riportare l’Italia alle condizioni che pure avevamo raggiunto già trent’anni fa. Di qui la necessità e l’urgenza, da una parte, di superare la crisi di questi anni dall’altra di rinnovare in maniera profonda la struttura della stato e renderlo più efficiente, meno burocratico e per certi aspetti più democratico, come per altro è scritto nella costituzione repubblicana del 1948.