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L’allarme di Bergoglio, Vatileaks non è finito

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Francesco se la prende con i calunniatori di professione, il Bertone uscente parla di corvi e vipere, cresce il timore del Papa che non basterà qualche nomina a cambiare la Curia

Di Francesco Peloso

La chiacchiera e il pettegolezzo sono una forma di criminalità, un modo per uccidere il proprio fratello. Con l’inizio di settembre sono tornate le ormai celebri omelie del Papa nella casa di Santa Marta – dove il Pontefice ha scelto di vivere rinunciando all’appartamento papale – e ancora una volta Bergoglio ha dato prova di schiettezza e concretezza nel messaggio. Dall’inizio del pontificato, infatti, il Papa ha scelto le messe celebrate verso le 7 del mattino nella sua residenza per lanciare severi moniti interni alla Chiesa e al suo vertice e sollevare apertamente questioni particolarmente critiche come le lotte di potere, la corruzione, l’arrivismo che hanno caratterizzato almeno in parte le cronache vaticane di questi anni.

E così, ancora una volta, Francesco ieri mattina, non ha rinunciato a sparare qualche bordata; il fatto, per altro, ha avuto una certa eco perché il Segretario di Stato uscente, Tarcisio Bertone, il giorno prima aveva da parte sua denunciato gli attacchi spesso velenosi, “i corvi e le vipere”, che gli avevano reso la vita difficile negli ultimi sette anni. Se insomma vatileaks come scandalo collegato alla fuga di documenti riservati dall’appartamento pontificio si è concluso con il processo all’ex maggiordomo infedele del Papa, i problemi nella Curia post-Ratzinger non sono conclusi. E probabilmente a influire sulle parole del Papa ci sono state anche le pressioni e i troppi ‘suggerimenti’ per la scelta del nuovo ‘primo ministro’ della Santa Sede, ruolo per il quale il Papa ha poi chiamato monsignor Pietro Parolin. “Troppo giovane” è stata la critica ricorrente, come dire che un Pontefice anziano, Bergoglio ha già 76 anni, stava ponendo un’ipoteca sul futuro della Chiesa con un Segretario di Stato destinato a rimanere al suo posto per molti anni. Sono logiche forse superata dai cambiamenti in corso e dalle stesse dirompenti dimissioni di Benedetto XVI che hanno cambiato le prassi e le abitudini più consolidate, e tuttavia i problemi ci sono stati.

Allo stesso tempo però, Bertone, con le sue affermazioni, ha di fatto confermato i limiti della propria azione, i contrasti dentro le Mura leonine, le famose lotte interne, spiegando in un passaggio chiave: “Da una parte sembra che il Segretario di Stato decida e controlli tutto ma non è così ci sono state delle vicende che ci sono sfuggite anche perché quei problemi erano come ‘sigillati’ all’interno della gestione di certe persone che non si ponevano in collegamento con la Segreteria di Stato”.

Dunque il cardinale per la prima volta ha certificato in modo pubblico lo scontro diretto con alcune personalità e allo stesso tempo ha chiarito lui stesso di non essere riuscito a governare fino in fondo gli apparati vaticani, quindi ha ammesso – forse involontariamente – i propri limiti. Dal dibattito in corso emerge un quadro assai problematico: una o più nomine da sole non sono sufficienti a cambiare un clima segnato da tanti personalismi e contrapposizioni; questa sembra la preoccupazione reale del Papa. “Quelli che in una comunità fanno chiacchiere sui fratelli, sui membri della comunità – ha detto ieri – vogliono uccidere”, “noi – ha aggiunto – siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua!”. Ed è noto che tutta la storia di vatileaks ha visto il coinvolgimento, venuto alla luce solo parzialmente (qualche traccia ve n’è nello sbrigativo processo al ‘corvo’), di quadri intermedi e funzionari curiali.

La memoria deve allora tornare all’intervista rilasciata dal Papa al ritorno dal Brasile a fine luglio quando, fra le varie cose destarono scalpore e entusiasmo passò quasi inosservata questa valutazione: “credo che la Curia sia un poco calata dal livello che aveva un tempo”, si è allontanata dal “profilo del vecchio curiale fedele che faceva il suo lavoro, abbiamo bisogno di queste persone ma non ce ne sono tanti come un tempo”.

Non è più dunque solo un problema di capi-dicastero, pure urgente, ma c’è una più complessiva crisi della Curia romana che ormai si sta profilando come un dato di fondo col quale fare i conti e la denuncia viene dallo stesso Pontefice, quasi che alla fine Vatileaks altro non sia stato che la classica punta dell’iceberg.

(Quest’articolo è uscito il 3 settembre sul Secolo XIX)

da ilmondodiannibale.it


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