di Piero Di Siena
ROMA – Sarà Damasco la nostra Sarajevo? Mai nel passato recente un intervento armato, sia puro circoscritto e limitato nel tempo come vuole Obama, ha tutte le possibilità di trasformarsi in un conflitto di portata generale. E ci sarà pure una qualche ragione se il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, per giustificare la contrarietà del nostro Paese all’intervento militare abbia fatto esplicitamente riferimento ai rischi di una nuova guerra mondiale.
Sono trascorsi cento anni quasi da quel 1914 in cui l’arciduca Ferdinando d’Austria veniva ucciso a Sarajevo in un attentato. E quell’incidente, all’apparenza fortuito, fu la scintilla che accese l’immane conflitto che cambiò la faccia del mondo e inaugurò il “secolo breve”, perché i rapporti su scala mondiale erano da tempo incerti e precari. Per tanti versi oggi ci troviamo in una situazione analoga. Appartiene ormai a un passato remoto quell’equilibrio che ha caratterizzato la seconda metà del Novecento, fondato sulla spartizione del mondo tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, in cui era la “guerra fredda” a garantire la pace. E, inoltre, è da tempo miseramente fallito il sogno dei “neocons” americani di sostituire a quell’equilibrio bipolare il dominio totale della potenza americana sul mondo globale. Questo tentativo, avviato in verità da Clinton con la guerra del Kossovo, si è infranto nelle lunghe e fallimentari occupazioni che sono seguite a due guerre, quella afghana e quella irachena.
Ora, complice la grave crisi economica che sta imponendo una radicale mutazione della divisione internazionale del lavoro, non ci sono più potenze incontrastate nel mondo. Le nuove potenze economiche – dalla Cina, all’India alla Russia – aspirano da tempo a esercitare una funzione da grande potenza, sul piano politico e militare. In questo precario equilibrio altri paesi, dalla Turchia all’Iran, all’Arabia Saudita (non a caso tutti limitrofi allo scacchiere siriano), aspirano a svolgere un ruolo autonomo. Al pari che nel 1914 ci troviamo in una situazione in cui i rapporti di forza tra le potenze sono precari e incerti. E il disordine impera in un mondo senza attori potenzialmente egemonici. In alto e in basso, come dimostrano gli esiti drammatici della cosiddetta “primavera araba”.
Per questo Damasco può essere la nostra Sarajevo.
da dazebao.it